
Naso in cui una società abbia presentato l'istanza di rimborso iva in qualità di rappresentante fiscale di una società estera poi incorporata, e non di quella incorporante, non incide sulla spettanza del rimborso. infatti, l'incorporante subentra in tutti i diritti e gli obblighi dell'incorporata e, peraltro, una simile irregolarità non sarebbe comunque tale da privare il soggetto passivo del diritto al rimborso dell'imposta.
Ordinanza sul ricorso iscritto al n. 14478-2022 r.g. proposto da: agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocatura generale dello stato ([omissis]), presso i cui uffici è domiciliata in roma, [omissis]; - ricorrente - contro xxxxx, in persona del legale rappresentante pro tempore, [omissis], rappresentata e difesa, per procura speciale in atti, dall'avv. [omissis]; - controricorrente - avverso la sentenza n. 12/01/2022 della commissione tributaria di ii grado di bolzano, depositata in data 30.3.2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26 febbraio 2025 dal consigliere relatore dott. [omissis]; fatti di causa 1. la alfa gmbh, già alfa s.r.l., quale rappresentante fiscale della gamma gmbh, società di diritto tedesco e senza stabile organizzazione in italia, in data 26.2.2015 avanzava, in nome e per conto della predetta società, nonostante la stessa in data 26.8.2013 fosse stata incorporata dalla delta gmbh, istanza di rimborso dell'eccedenza iva maturata nell'anno 2014. 1.1. il provvedimento di diniego emesso dall'agenzia delle entrate in data 9.1.2018 veniva impugnato dalla predetta rappresentante fiscale ed il ricorso veniva accolto dalla commissione tributaria di primo grado di bolzano che rigettava l'eccezione sollevata dall'ufficio di difetto di legittimazione della alfa a richiedere il rimborso sostenendo che «ai sensi dell'art. 2504-bis c.c., la società incorporante, assumendone i diritti e gli obblighi e anche i crediti e debiti, è successore universale in tutti i rapporti giuridici della società incorporata. la delta è subentrata pertanto anche "ex lege" nel rapporto di rappresentanza fiscale instaurato tra la alfa e la gamma». 2. l'appello proposto dall'agenzia delle entrate veniva rigettato dalla commissione tributaria di secondo grado di bolzano con la sentenza in epigrafe indicata. 2.1. sostenevano i giudici di appello che «essendo la gamma stata incorporata nella delta, le due società sono diventata una, è cambiata semplicemente la ragione sociale, ma la persona giuridica è rimasta la stessa. da ciò consegue necessariamente che: 1) è la delta l'avente diritto al rimborso, avendo la gamma cessato di esistere ed essendo la prima succeduta alla seconda in tutti i rapporti compresi quelli processuali; 2) la alfa, quale rappresentante del successore della gamma, continua ad essere rappresentante fiscale; 3) l'intestazione delle fatture di cui si chiedeva il rimborso è irrilevante, trattandosi della medesima persona giuridica». 3. avverso tale statuizione l'agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica l'intimata con controricorso. ragioni della decisione 1. con il primo motivo di ricorso la difesa erariale deduce la «violazione e/o falsa applicazione, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell'art. 2504-bis c.c. e degli artt. 17 e 35-ter del dpr n. 633/1972, con riferimento agli effetti dell'incorporazione di società e alla alternatività tra identificazione diretta ai fini iva e nomina di un rappresentante fiscale». 1.1. sostiene la ricorrente che, alla stregua del principio nomofilattico di cui a cass., ss.uu., n. 21970 del 30.7.2021 che, innovando e superando il precedente orientamento espresso da cass., ss.uu., n. 2637 del 8.2.2006, ha affermato che a seguito di fusione per incorporazione la società incorporata si estingue, dando luogo alla successione universale dell'incorporante nell'intero patrimonio della società incorporata, con il risultato che la prima subentra in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, in cui era parte la società incorporata, deve ritenersi errata l'affermazione dei giudici di appello secondo i quali «la persona giuridica è rimasta la stessa». 1.2. quanto al profilo della legittimazione attiva, sostiene che la alfa gmbh aveva avanzato l'istanza di rimborso del credito iva nella qualità di rappresentante fiscale della società incorporata e non della incorporante delta gmbh, sicché i giudici di appello avevano «illegittimamente attribuito il relativo diritto ad un soggetto che non aveva formulato l'istanza (né personalmente né tramite il proprio rappresentante fiscale, laddove nominato)». 1.3. sostiene, inoltre, che i giudici di appello non avevano spiegato la ragione per la quale, pur in presenza di estinzione della società incorporata, la alfa gmbh avrebbe continuato a svolgere le funzioni di rappresentante fiscale, che non poteva più svolgere per una società estinta per incorporazione e che non avrebbe potuto svolgere per la società incorporante che aveva effettuato l'identificazione diretta ex art. 35-ter del dpr n. 633 del 1972 sin dal 2014, stante il principio di alternatività tra rappresentanza fiscale, ex art. 17 del medesimo dpr, ed identificazione diretta ex art. 35-ter citato. 2. va preliminarmente esaminata e rigettata l'eccezione della controricorrente di inammissibilità per genericità del motivo in esame, posto che la censura è congruamente argomentata e ben centrata sulla questione esaminata e decisa dai giudici di appello con la sentenza impugnata. 3. ancora preliminarmente si rende opportuno, anche in considerazione delle argomentazioni svolte dalla controricorrente nel proprio atto difensivo, dare conto delle circostanze fattuali pacifiche tra le parti, ovvero: che la gamma gmbh, soggetto non residente e senza stabile organizzazione nel territorio dello stato, vantava crediti iva per cessioni intracomunitarie, quindi in regime di non imponibilità iva, di prodotti finiti acquistati da produttori italiani, invece sottoposti ad iva; che la gamma gmbh era stata incorporata nella delta gmbh con contratto di fusione del 26.8.2013, trascritto nel registro delle imprese di offenbach (rft) in data 7.10.2013; che la società incorporante in data 15.11.2013 aveva chiesto l'attribuzione del numero di partita iva per l'identificazione diretta ex art. 35-ter del dpr n. 633 del 1972 all'agenzia delle entrate - centro operativo di pescara, che provvedeva soltanto in data 14.2.2014; che, potendo utilizzare la partita iva assegnatale dall'agenzia delle entrate soltanto una volta decorsi trenta giorni dalla data di attribuzione, come previsto dall'art. 35 del dpr n. 633 del 1972, vigente ratione temporis, e quindi dal 16.3.2014, la società incorporante per le operazioni effettuate in italia fino al mese di marzo 2014 aveva continuato ad utilizzare la partita iva della società incorporata gamma gmbh sicché le fatture emesse dai fornitori italiani erano intestate alla società incorporante delta gmbh, ma riportavano il numero di partita iva dell'incorporata; che in data 26.2.2015 la ricorrente, rappresentante fiscale, aveva presentato l'istanza di rimborso per cui è causa, che l'amministrazione aveva negato con provvedimento emesso in data 9.10.2018. 4. ciò precisato in punto di fatto, in diritto deve osservarsi che la fusione per incorporazione ha effetto estintivo della società incorporata, sia per il diritto interno che per quello unionale, essendo quella societaria una disciplina armonizzata sul piano europeo. 4.1. secondo l'interpretazione nomofilattica dell'art. 2504-bis c.c., la fusione per incorporazione estingue la società incorporata (cass., ss.uu., sent. n. 21970 del 30.7.2021, rv. 661864 - 01) e, per espressa previsione contenuta del primo comma della citata disposizione, «la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione». pertanto, la fusione tra società (anche nella forma dell'incorporazione), determinando l'estinzione dell'incorporata (cass. n. sez. 1, sent. n. 18261 del 3.7.2024, rv. 671666 - 01), dà luogo ad una vicenda estintivo-successoria simile alla successione "mortis causa" a titolo universale tra persone fisiche (cass. sez. 1, ord. n. 13685 del 18.5.2023, rv. 667905 - 01). 4.2. per vero, sul preliminare rilievo che «le norme interne devono essere interpretate conformemente al diritto comunitario, alla luce della sua lettera e finalità, per raggiungere il risultato previsto da questo», le sezioni unite di questa corte sono pervenute all'affermazione di quel principio facendo applicazione di quello reiteratamente affermato dalla corte di giustizia ue (cfr. corte di giustizia dell'unione europea 7 agosto 2018, cause riunite c-61/17, c-62/17 e c-72/17, bichat, punto 29; 11 maggio 2017, c-59/16, the shirtmakers bv, punto 21; 1° dicembre 2016, c-395/15, daouidi, punto 50; 29 ottobre 2015, c-174/14, saudagor, punto 52; 5 marzo 2015, n. c-343/13, modelo continente hipermercados sa, punto 27), di necessaria uniformità di interpretazione delle disposizioni del diritto dell'unione nella prospettiva dell'armonizzazione del diritto societario. a tal riguardo le sezioni unite hanno acutamente osservato che, essendo unitario il fenomeno della fusione societaria, «la disciplina finale non può non essere omogenea, nelle sue linee essenziali e portanti, avendo una comune radice: sarebbe, invero, distonico sostenere in teoria (e gestire in pratica) effetti delle fusioni societarie diversi, a seconda che essi si producano nell'ordinamento italiano o in altri ordinamenti dell'unione, come avverrebbe ove una società fosse esistente per il primo ed estinta per i secondi». 5. non coglie, pertanto, nel segno la tesi della controricorrente secondo cui la censura di violazione dell'art. 2540-bis c.c. sarebbe nella specie inammissibile per avere «l'ufficio evocato un profilo di illegittimità in relazione a una norma in fattispecie non applicabile» in quanto le vicende di costituzione, trasformazione ed estinzione delle due società estere coinvolte, sono disciplinate dal diritto tedesco. 5.1. al riguardo è, altresì, agevole rispondere che, così come puntualizzato dalle citate sezioni unite nella sopra citata pronuncia, svariate sono le disposizioni di diritto unionale che prevedono l'estinzione della società a seguito di fusione, anche per incorporazione. vengono richiamati gli artt. 3 e 19 della terza direttiva 78/855/cee del consiglio del 9 ottobre 1978, relativa alle fusioni tra società per azioni, successivamente abrogata dalla direttiva 2011/35/ue, relativa alle fusioni delle società per azioni che, però, all'art. 19, par. 1, riprende l'art. 19, par. 1, della abrogata direttiva 78/855 in termini identici; gli artt. 2 e 23 della direttiva 2005/56/ce, relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali, da cui si traggono «indicazioni ancor più stringenti»; infine, la direttiva 2017/1132/ue, pubblicata il 30 giugno 2017 ed entrata in vigore il successivo 20 luglio 2017, come da ultimo novellata dalla direttiva 2019/2121/ue del 27 novembre 2019, che «ha offerto una codificazione del diritto europeo societario, mediante l'unificazione in un unico testo delle precedenti direttive in materia societaria» in cui "sia gli artt. 105 e 109, sia l'art. 131, rispettivamente sugli «effetti della fusione » e sugli «effetti della fusione transfrontaliera», continuano [...] a prevedere che «la società incorporata si estingue» e «le società che partecipano alla fusione si estinguono», per le prime precisandosi «ipso iure e simultaneamente»". 6. da quanto detto consegue che, anche a voler prescindere dal rilievo che la controricorrente non specifica se nel diritto tedesco esista una disposizione che, diversamente da quella nazionale, escluda l'effetto estintivo della società incorporata, una tale disposizione sarebbe comunque incompatibile con il diritto dell'unione e come tale andrebbe certamente disapplicata. 7. quanto agli effetti dell'incorporazione, deve richiamarsi cass. n. 5461 del 2023, che ha condivisibilmente affermato che «le sezioni unite di questa corte, nell'illustrare gli aspetti sostanziali della vicenda della fusione societaria - che si possono riassumere nella concentrazione, nella successione e nell'estinzione - hanno evidenziato che, in virtù della concentrazione, la fusione, dando vita a una vicenda modificativa dell'atto costitutivo per tutte le società che vi partecipano, determina un fenomeno di "integrazione" o "compenetrazione", dal quale consegue che i rapporti giuridici, attivi e passivi, di cui era titolare la società incorporata o fusa, sono imputati a quella incorporante (cass., ss.uu., n. 21970/2021)»; che «in caso di fusione per incorporazione l'art. 35, comma 3, del dpr n. 633 del 1972, nel testo vigente all'epoca dei fatti, prevede che «...la dichiarazione è presentata unicamente dal soggetto risultante dalla trasformazione», configurando l'obbligo esclusivo del nuovo soggetto di presentare la dichiarazione iva anche per il soggetto incorporato per il periodo antecedente alla fusione (cass. n. 24472/2018); e il comma 2 dell'art. 5-bis del dpr n. 322/98 specifica che la società risultante dalla fusione o incorporante deve presentare «...la dichiarazione relativa alla frazione di esercizio delle società fuse o incorporate compresa tra l'inizio del periodo d'imposta e la data in cui ha effetto la fusione entro l'ultimo giorno del nono mese successivo a tale data in via telematica». sicché, ha chiarito questa corte, l'esposizione di un credito iva della società incorporata nella dichiarazione annuale di questa, anziché in quella della società incorporante, costituisce una violazione, ma di carattere meramente formale (cass. n. 22774/2006). 7.1. pertanto, la natura meramente formale di una tale violazione, come quella che verrebbe qui in rilievo con riferimento alle modalità, contestate dall'ufficio, di compilazione delle fatture (intestate alla società incorporante), non esclude il diritto al rimborso, specie se si considera quanto si dirà di qui a breve sull'applicabilità dell'art. 1722 c.c., ultimo comma, e, quindi, sull'inquadramento del rapporto col rappresentante fiscale nell'ambito del rapporto di mandato e la continuazione dell'esercizio dell'impresa in virtù di quel rapporto d'integrazione e compenetrazione tra le società coinvolte nell'operazione, di cui sopra si è detto. 8. sempre in ordine agli effetti dell'incorporazione, la controricorrente eccepisce l'inapplicabilità al caso in esame dell'art. 2504-bis c.c. per difetto di prova del completamento delle formalità pubblicitarie previste dal secondo comma dell'art. 2504-bis c.c. che così recita: «la fusione ha effetto quando è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte dall'articolo 2504. nella fusione mediante incorporazione può tuttavia essere stabilita una data successiva». 8.1. l'eccezione va risolta sulla base del principio affermato da cass. n. 721 del 2007, secondo cui «in tema di iva, la società incorporante può computare in detrazione nella dichiarazione annuale l'imposta dichiarata in eccedenza dalla società incorporata con la dichiarazione presentata per l'anno precedente, considerata la possibilità di far risalire gli effetti contabili dell'operazione, anche in materia tributaria, ad una data precedente il compimento delle formalità pubblicitarie del negozio di fusione, tanto più che nel caso dell'iva, da una parte l'art. 35 del dpr 26 ottobre 1972, n. 633, prevede la comunicazione al fisco (avvenuta, nella specie) di tale variazione, dall'altra la società incorporata, essendo in tal modo cessata, avrebbe avuto diritto di chiedere il rimborso del credito dell'imposta, ai sensi del precedente art. 30, secondo comma. deve pertanto escludersi che, in mancanza di contestazione del credito, l'amministrazione finanziaria possa legittimamente disconoscerne la detraibilità - o, eventualmente, rifiutarne il rimborso - per il solo fatto di non essere state ancora adempiute le formalità prescritte dall'art. 2504 c.c., nel testo, applicabile "ratione temporis", vigente anteriormente alle modifiche recate dal dlgs. 15 gennaio 1991, n. 22, in quanto alcuni effetti dell'atto di fusione societaria, a valenza interna o contabile, ovvero in materia di imposte sui redditi, come quello previsto dall'art. 123, settimo comma, del dpr 22 dicembre 1986, n. 917 - esclusi quelli di carattere sostanziale, inquadrabili nello schema successorio -, prima dell'introduzione, disposta anch'essa dal detto dlgs. n. 22 del 1991, dell'art. 2504-bis c.c. (secondo comma: "la fusione ha effetto quando è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte dall'art. 2504"), erano ritenuti possibili ancorché la fusione, in attesa del compimento delle debite formalità pubblicitarie, peraltro di natura costitutiva, non fosse ancora divenuta pienamente efficace "erga omnes"». 8.2. tale principio, seppur riferito a fattispecie verificatasi anteriormente all'introduzione dell'art. 2504-bis c.c. (ad opera dell'art. 13 del dlgs. n. 22 del 1991), è comunque applicabile anche al caso di specie, regolata dalla predetta disposizione, in quanto il silenzio della norma fiscale circa «il momento di efficacia della fusione societaria era pacificamente interpretato nel senso della coincidenza di tale momento con quello stabilito, ai fini civilistici, dall'articolo 2504 c.c. (cass. n. 7438/2003), ossia a partire dalla data di compimento delle formalità pubblicitarie - fra cui l'iscrizione nel registro delle imprese - previste da quest'ultima norma ed aventi efficacia costitutiva, non meramente dichiarativa (cass. nn. 10372/1993, 2381/1987)». interpretazione, questa che venne «formalmente accolta dal legislatore con l'introduzione del cit. articolo 2504-bis c.c., comma 3, in attuazione delle direttive comunitarie sulle fusioni e scissioni societarie» e che comporta che anche le formalità connesse alle richieste di rimborso possono essere «convenzionalmente» retrodatate «nell'ambito tributario come in quello civilistico, unicamente a fini contabili, senza modifica del momento in cui si realizzano erga omnes gli effetti sostanziali dell'operazione, consistenti nella successione della società incorporante a quella incorporata (cass. nn. 7438/2003, 10372/1993)». 9. viene, a questo punto, in rilievo la questione dell'efficacia del mandato di rappresentanza fiscale conferito alla odierna ricorrente dalla società delta gmbh, prima della sua estinzione per incorporazione. 9.1. al riguardo, l'art. 17, comma 3, prima parte del dpr n. 633 del 1972, ratione temporis vigente, così dispone: «nel caso in cui gli obblighi o i diritti derivanti dalla applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto sono previsti a carico ovvero a favore di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello stato, i medesimi sono adempiuti od esercitati, nei modi ordinari, dagli stessi soggetti direttamente, se identificati ai sensi dell'articolo 35-ter, ovvero tramite un loro rappresentante residente nel territorio dello stato nominato nelle forme previste dall'articolo 1, comma 4, del decreto del presidente della repubblica 10 novembre 1997, n. 441. il rappresentante fiscale risponde in solido con il rappresentato relativamente agli obblighi derivanti dall'applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto. la nomina del rappresentante fiscale è comunicata all'altro contraente anteriormente all'effettuazione dell'operazione». 9.2. viene in rilievo anche l'art. 1, comma 4, del dpr n. 441 del 1997 che prevede che «il rapporto di rappresentanza risulta da atto pubblico, da scrittura privata registrata, da lettera annotata, in data anteriore a quella in cui è avvenuto il passaggio dei beni, in apposito registro presso l'ufficio iva competente in relazione al domicilio fiscale del rappresentante o del rappresentato, ovvero da comunicazione effettuata all'ufficio iva con le modalità previste dall'articolo 35 del decreto del presidente della repubblica n. 633 del 1972, sempre che di data anteriore al passaggio dei beni. l'annotazione delle lettere commerciali in appositi registri presso l'ufficio iva è consentita solo per il conferimento di incarichi che comportano passaggio di beni». 9.3. alla stregua di tali disposizioni, il soggetto non residente - comunitario o extraue - che effettua nel territorio dello stato operazioni rilevanti ai fini iva, può adempiere ai relativi obblighi o esercitare i relativi diritti direttamente (se soggetto ue oppure residente in un paese terzo con cui esistono accordi di reciprocità), ovvero nominando un rappresentante fiscale residente nel territorio dello stato (se soggetto ue o extraue), fermo restando che detta nomina o identificazione non muta il suo status di soggetto non residente (così in cass., ss.uu., citate). 9.4. orbene, poiché il rappresentante fiscale è il soggetto normativamente preposto alla rappresentanza nel territorio nazionale della società priva di sede legale o di stabile organizzazione (cfr. cass. n. 25218 del 2023, non massimata), il rapporto tra soggetto non residente e suo rappresentante fiscale è inquadrabile nel rapporto di mandato con rappresentanza (arg. da cass. n. 15518 del 2024, non massimata). 9.5. il rappresentante fiscale, infatti, agisce in qualità di mandatario del soggetto non residente ed è responsabile con quest'ultimo per eventuali irregolarità commesse nei confronti dell'erario, anche se, sotto tale ultimo profilo, la responsabilità solidale discende non tanto dal contratto che lega rappresentante e rappresentato, ma dalla specifica previsione contenuta nell'art. 17, comma 3, del dpr n. 633 del 1972. al riguardo questa corte ha affermato che «in tema di iva, il rappresentante fiscale ex art. 17, comma 2, dpr n. 633 del 1972, avendo una soggettività passiva parziale, limitata alle sole operazioni passive specificamente attribuitegli dal mandante non residente (in nome e per conto del quale agisce), è solidamente responsabile con quest'ultimo, non per la mera esistenza del rapporto di mandato, ma per aver effettivamente posto in essere operazioni irregolari nell'interesse del soggetto rappresentato, la cui prova si desume dall'ingerenza attiva del rappresentante, indipendentemente e anche in violazione degli obblighi del mandato, nelle operazioni contra legem perfezionate direttamente dal mandante non residente, non essendo invece sufficiente la mera conoscenza o conoscibilità dell'esistenza di tali operazioni» (cass. sez. 5, ordinanza n. 591 del 8.1.2024, rv. 670178 - 01). 9.6. la tesi qui sostenuta (in condivisione con quanto affermato da cass. n. 591/2024, appena citata) è in linea con la stessa funzione attribuita al rappresentante fiscale dalla giurisprudenza comunitaria, la quale ha avuto modo di precisare che «il meccanismo della rappresentanza ha unicamente lo scopo di consentire al fisco di avere un interlocutore nazionale quando il soggetto passivo è stabilito all'estero» (cgue, sentenza 19 febbraio 2009 in causa c-1/08, athesia druck srl contro ministero dell'economia e delle finanze e agenzia delle entrate). 9.7. viene, quindi, in rilievo l'art. 1722, primo comma, n. 4, ultima parte, c.c. che prevede che l'estinzione del soggetto rappresentato (come nella specie sì è detto essere accaduto alla gamma gmbh, a seguito di fusione per incorporazione nella delta gmbh) non produce l'estinzione del mandato che ha per oggetto il compimento di atti relativi all'esercizio di un'impresa e l'esercizio dell'impresa è continuato, salvo il diritto di recesso delle parti (o degli eredi). 9.8. nel caso in esame, il mandato conferito alla ricorrente aveva per oggetto il compimento di atti relativi all'esercizio dell'impresa continuata dall'incorporante, né risulta che quest'ultima avesse esercitato il diritto di recesso, sicché, permanendo in capo alla ricorrente il potere rappresentativo della società incorporante, la prima era legittimata a proporre l'istanza di rimborso per cui è causa. 9.9. tale legittimazione non è venuta meno neppure a seguito dell'identificazione diretta ai fini iva effettuata nel territorio dello stato dalla società incorporante ai sensi dell'art. 35-ter del dpr n. 633 del 1972. tale disposizione, infatti, prevede che «i soggetti non residenti nel territorio dello stato, che, ai sensi dell'articolo 17, terzo comma, intendono assolvere gli obblighi ed esercitare i diritti in materia di imposta sul valore aggiunto direttamente, devono farne dichiarazione all'ufficio competente, prima dell'effettuazione delle operazioni per le quali si vuole adottare il suddetto sistema». l'identificazione diretta, quindi, opera soltanto per le operazioni successive e non per quelle ad essa anteriori (cass. n. 21411 del 2017). 9.10. È ben vero che per questa corte l'identificazione diretta ha natura meramente formale, allo scopo di favorire il controllo da parte dell'autorità, sicché il rimborso del credito iva può essere richiesto anche se detta identificazione sia stata effettuata dall'istante dopo il compimento dell'operazione cui la richiesta si riferisce, purché, nonostante l'inosservanza dell'obbligo di anticipata identificazione, ai sensi degli artt. 17, comma 3, e 35-ter del dpr n. 633 del 1972, l'autorità sia messa nelle condizioni di verificare che sussistano i requisiti per l'accoglimento della richiesta di rimborso, che la stessa non persegua finalità fraudolente od abusive e che l'identificazione sia effettuata, tenuto conto delle peculiarità del caso concreto e delle giustificazioni che l'istanza abbia ritenuto di dare, entro un termine ragionevole (cass., sez. 5, sentenza n. 2746 del 30.1.2023, rv. 666624 - 01). 9.11. in tale pronuncia si è comunque riaffermato l'obbligo di anticipata identificazione per i soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello stato, ai fini dell'esercizio dei diritti connessi all'iva, sicché, ove la società non residente, ma identificata nel territorio dello stato, non esercita il diritto di rimborso per le operazioni compiute anteriormente a quella identificazione, permane la legittimazione del rappresentante fiscale, senza che ciò possa costituire violazione del principio di alternatività tra rappresentanza fiscale ex art. 17, comma 2, del dpr n. 600 del 1973 ed identificazione diretta ex art. 35-ter del medesimo dpr. 9.12. a tale ultimo riguardo deve osservarsi che la circostanza che alfa gmbh aveva avanzato l'istanza di rimborso del credito iva nella qualità di rappresentante fiscale della società incorporata e non della incorporante delta gmbh, non è idonea ad inficiare il diritto al rimborso del credito iva atteso che, da un lato, la società incorporante subentra in tutti i diritti e gli obblighi della società incorporata e, dall'altro, una tale irregolarità non sarebbe comunque tale da privare il soggetto passivo del diritto di ottenere il rimborso dell'iva. invero, è noto (ex multis, cass. n. 5400 del 2015) che i diritti spettanti ai soggetti passivi in materia di iva costituiscono un principio fondamentale del sistema comune attuato dalla normativa dell'unione, che, in linea di massima, non può essere soggetto a limitazioni, così garantendosi la neutralità dell'imposizione per le attività economiche (corte di giustizia, sentenze idexx, tcth, fatoriè). perciò, le formalità istituite dallo stato membro interessato e che devono essere assolte dal soggetto passivo ai fini dell'esercizio di tale diritto non devono oltrepassare lo stretto necessario e non devono rimettere in discussione la neutralità dell'iva (corte di giustizia, sentenze idexx, collè e, ecotrade, fatorie, bockemuhl). 10. in sintesi, il primo motivo di ricorso va rigettato. 11. con il secondo motivo viene dedotta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione del combinato disposto dagli artt. 115, 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. del c.p.c. e 36, comma 2, n. 4, del dlgs. n. 546 del 1992, per avere i giudici di appello reso una motivazione meramente apparente sulla spettanza del rimborso del credito iva, peraltro affermando erroneamente che l'ufficio non aveva contestato alcunché al riguardo. 12. anche tale motivo è infondato e va rigettato. 12.1. invero, dal contenuto dell'atto di impugnazione dell'ufficio, riprodotto a pag. 10 del ricorso nella parte qui rilevante, emerge che l'amministrazione finanziaria aveva contestato la spettanza del rimborso sotto il profilo della irregolarità delle «fatture in entrata ed in uscita che dovrebbero dimostrare il credito iva» perché «intestate ad una società diversa, ovvero la delta gmbh», perché erano «senza intestazione» ed «alcuni dati sembra[va]no modificati (logo della società)». per tali ragioni aveva eccepito che la società contribuente non aveva dimostrato «la sussistenza del credito iva maturato, essendo i documenti contabili riconducibili ad altra società». in pratica, l'amministrazione finanziaria aveva contestato la debenza del rimborso non per ragioni sostanziali, riferibili alla sussistenza del credito vantato dalla società contribuente, ma per l'inidoneità della documentazione prodotta in giudizio, costituite da fatture indicanti una società diversa (l'incorporante delta gmbh) e «varie irregolarità nell'intestazione e nei dati riportati (logo)». 12.2. al riguardo i giudici di appello hanno affermato la sussistenza del diritto della società ricorrente al rimborso dell'iva, evidenziando che l'amministrazione finanziaria non aveva messo in discussione «gli aspetti fondamentali e sostanziali della vicenda» ma il solo «aspetto formale della vicenda», in esso ricondotta la legittimazione della società istante a richiedere il rimborso per conto di una società estinta per incorporazione, facendo da ciò derivare il «pieno» diritto al rimborso richiesto espressamente escludendo, con motivazione, sicuramente sintetica, ma idonea a palesare il ragionamento logico-giuridico ad esso sotteso (cfr. cass., ss.uu., n. 8053/2014), che l'intestazione era irrilevante «trattandosi, della medesima persona giuridica». affermazione che, alla stregua di quanto si è detto sopra, è anche giuridicamente corretta. 13. conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo. p.q.m. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese processuali, che liquida in euro 5.900,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.

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