
La legittimazione degli azionisti di risparmio della società incorporata a contestare la congruità del rapporto di cambio, in funzione di una tutela risarcitoria, resta anche successivamente all’efficacia della fusione. la legittimazione processuale del rappresentante comune degli azionisti di risparmio dell’incorporata non si trasferisce al suo omologo dell’incorporante per effetto dell’efficacia della fusione. il rappresentante comune degli azionisti di risparmio non è organo sociale in posizione tendenzialmente contrapposta nei confronti della società alla luce delle esigenze di tutela degli azionisti “risparmiatori” rispetto agli azionisti “imprenditori
Sentenza rappresentante comune azionisti risparmiofatti di causa1. – il 23 dicembre 2015 -omissis- assumendo di essere ex azionista di risparmio, in ragione del 2,25%, di -omissis- società, quest’ultima, poi fusa per incorporazione in essa -omissis- a far data dallo spirare del 30 settembre 2015, ha convenuto in giudizio dinanzi al tribunale di milano -omissis-, quale rappresentante comune degli azionisti di risparmio di -omissis- chiedendo dichiararsi la nullità e/o l’annullamento della delibera in precedenza assunta, lo stesso 30 settembre 2015, dall’assemblea speciale degli azionisti di risparmio di -omissis- delibera che aveva disposto: i) l’integrazione del fondo comune per l’importo di euro 350.000,00; ii) l’approvazione del preventivo di spesa per la difesa in un giudizio (volto all’impugnazione della delibera di fusione ed al risarcimento del danno da rapporto di concambio incongruo) già introdotto da -omissis-, rappresentante comune degli azionisti di -omissis- risparmio per un importo di euro 93.850,75 oltre accessori; iii) la conferma del compenso da riconoscere allo stesso -omissis-, nella suddetta qualità, nella misura di euro 25.000, per il periodo di durata del contenzioso or ora menzionato. 2. – il -omissis-, nella qualità, si è costituito ed ha aderito alla domanda. 3. – in detto giudizio è intervenuto il -omissis-, anch’egli nella qualità, chiedendo, per quanto ora interessa, dichiararsi il difetto di legittimazione attiva di -omissis- ed il difetto di legittimazione passiva del -omissis-, nella veste di rappresentante comune degli azionisti di risparmio della stessa -omissis-. 4. – con sentenza del 30 ottobre 2017, il tribunale di milano ha rigettato <<per difetto di titolarità della legittimazione a contraddirvi del rappresentante comune degli azionisti di risparmio di -omissis- le domande tutte proposte dall’attrice», escludendo che quest’ultima avesse spiegato domande nei confronti del -omissis- nella qualità, e regolando le spese di lite. 5. – avverso tale sentenza hanno proposto appello principale -omissis- ed il -omissis-, ed appello incidentale il -omissis- impugnazioni definite con sentenza del 13 giugno 2019, con cui la corte d’appello di milano ha: i) dichiarato la nullità della delibera del 30 settembre 2015 dall’assemblea speciale degli azionisti di risparmio nella parte in cui aveva deliberato «di confermare a/l’attuale rappresentante comune il compenso di € 25.000,00 estendendolo a tutto il periodo in cui perdurerà la predetta fusione e quindi sin tanto che permarrà il contenzioso in corso»; ii) dichiarato il difetto di legittimazione attiva di -omissis- in relazione alla domanda di annullamento della stessa delibera; iii) confermato la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato ammissibile l’intervento del -omissis-; iv) confermato la stessa pronuncia nella parte in cui aveva dichiarato che legittimato a contraddire alle domande proposte da -omissis- era il -omissis-; v) compensato le spese del doppio grado. 6. – a fondamento della decisione la corte d’appello ha osservato: -) sull’ammissibilità dell’intervento del che colui il quale interviene volontariamente in un processo, già pendente, ha sempre la facoltà di formulare domande nei confronti delle altre parti, quand’anche sia già spirato il termine di cui all’articolo 183 c.p.c. per la fissazione del thema decidendum, sicché le domande e deduzioni formulate con l’atto di intervento, con cui il -omissis- aveva affermato di essere l’unico legittimato a contraddire alle domande svolte da -omissis- non erano soggette alle preclusioni processuali, fissate dall’articolo 268 c.p.c.; -) sulla titolarità passiva del rapporto controverso, che la pronuncia impugnata appariva senz’altro condivisibile laddove il tribunale aveva affermato che titolare dal lato passivo del rapporto controverso era il -omissis- che, all’epoca dell’adozione della delibera, aveva il compito di tutelare la categoria degli azionisti di risparmio di -omissis- dovendosi ulteriormente considerare che, essendo il rappresentante comune degli azionisti di risparmio legittimato passivo nelle controversie aventi ad oggetto l’impugnativa delle delibere assunte dall’assemblea speciale degli azionisti di risparmio, in quanto rappresentante processuale della categoria, la natura stessa delle doglianze proposte da -omissis- (concernenti il compenso attribuito dall’assemblea al -omissis- l’integrazione del fondo comune e l’approvazione del preventivo di spesa per i difensori costituiti nel giudizio promosso dallo stesso -omissis- presso il tribunale di roma) evidenziava che la controversia dovesse essere decisa in contraddittorio con il -omissis- essendo egli il soggetto al quale gli azionisti di risparmio di con la delibera impugnata, avevano assegnato l’incarico di proseguire nell’azione giudiziaria intrapresa, attribuendogli i relativi strumenti attuativi; -) sulle domande di nullità e di annullamento della delibera adottata il 30 settembre 2015, che la pronuncia resa dal giudice di prime cure non appariva condivisibile nella parte in cui il tribunale aveva ritenuto che -omissis- ed il -omissis- non avrebbero chiesto di pronunciarsi anche nel caso di accertata legittimazione passiva del -omissis- tanto più che, qualora il terzo spieghi intervento volontario assumendo esser egli, e non il convenuto, il soggetto nei cui confronti si rivolge la pretesa dell’attore, la domanda originaria, anche in mancanza di espressa istanza di parte, si intende automaticamente estesa al terzo; -) sulla legittimazione attiva di -omissis- ad impugnare la delibera assembleare, che l’appello incidentale proposto dal era parzialmente fondato; difatti, per un verso, secondo il disposto dell’articolo 2378, comma 2, c.c. per proporre l’azione di annullabilità di una delibera assembleare «il socio o i soci opponenti devono dimostrarsi possessori al tempo dell’impugnazione del numero di azioni previsto dal terzo comma dell’articolo 2377», mentre, nella specie, sebbene non fosse controverso che al momento dell’adozione della delibera impugnata -omissis- era titolare di n. 51.966 azioni di risparmio di -omissis- sulle n. 5.496.951 in circolazione, essa non era più socia di -omissis- «al tempo dell’impugnazione»; per altro verso, con riguardo alla domanda di nullità della delibera, pure proposta dall’attrice, la pronuncia impugnata andava riformata, in quanto, a mente dell’articolo 2379 c.c., la relativa impugnativa può essere proposta da chiunque vi abbia interesse, dovendo invece essere respinta l’eccezione dell’appellante incidentale, secondo cui -omissis- non sarebbe stata più legittimata ad impugnare la delibera (neppure per far valere i vizi di nullità della stessa) in quanto, in seguito alla fusione per incorporazione, tale delibera sarebbe divenuta direttamente riferibile alla stessa -omissis- trattandosi di delibera assunta dall’assemblea speciale degli azionisti di risparmio di -omissis- allorché la società costituiva ancora un entità giuridica distinta rispetto a -omissis- -) sul merito della controversia, che il rappresentante comune degli azionisti di risparmio era cessato dalla carica attribuitagli dall’assemblea, nel momento stesso in cui era intervenuta la fusione per incorporazione di -omissis- in -omissis- sicché la cessazione dalla carica di rappresentante comune degli azionisti di risparmio -omissis- aveva determinato l’oggettiva impossibilità di attribuire al -omissis- un compenso per il periodo successivo alla fusione societaria, in quanto era venuto meno il ruolo stesso di rappresentante comune, da lui prima ricoperto, senza che potesse ascriversi rilievo ad una asserita ultrattività del mandato, limitatamente al contenzioso in essere davanti al tribunale di roma, in quanto la delibera impugnata presupponeva implicitamente la permanenza del -omissis- nel ruolo di rappresentante comune degli azionisti di risparmio di -omissis- ruolo oggettivamente venuto meno in seguito alla fusione per incorporazione della società, di guisa che attesa l’oggettiva impossibilità di attribuire al nella qualità, un compenso per il periodo successivo alla fusione della società, la delibera impugnata, che aveva pronunciato in tal senso, doveva essere dichiarata nulla per impossibilità dell’oggetto. 7. – per la cassazione della sentenza hanno proposto separati ricorsi -omissis- e -omissis- comune degli azionisti di risparmio entrambi affidati a quattro motivi. -omissis- nella indicata veste, ha proposto ricorso p depositati controricorsi e memorie. 8. – con ordinanza del 1° marzo 2024 questa corte ha rinviato la causa a nuovo ruolo tenuto conto della novità delle questioni concernenti: la peculiare organizzazione ex lege degli azionisti di risparmio, a norma degli articoli 2416-2418 c.c. e 146-147 t.u.f.: atteso che la legge, da un lato, li individua quale autonomo gruppo, centro unitario di interessi, ponendo la forma organizzativa dell’assemblea come deputata ad esprimere, con la regola maggioritaria, gli orientamenti della categoria, e, dall’altro lato, prevede che l’impugnazione si propone «in contraddittorio» del rappresentante comune (articoli 146, c., t.u.f., 2416 c.c.), che ne ha la «rappresentanza processuale» (artt. 147 t.u.f., 2418 c.c.); la perdurante efficacia ed impugnabilità delle deliberazioni, assunte dall’assemblea speciale degli azionisti di risparmio ante fusione, pur dopo il verificarsi degli effetti estintivi della fusione societaria (cass., un., 30 luglio 2021, n. 21970), con riguardo, in particolare, agli oggetti della delibera nel caso di specie; e) l’individuazione della parte legittimata passiva all’azione di impugnazione dopo la fusione: in particolare, se possa ravvisarsi una legittimazione al giudizio in capo al rappresentante comune degli azionisti di risparmio della società incorporante o a quello della società incorporata; qualora non sussista la legittimazione passiva né del rappresentante comune degli azionisti di risparmio della società incorporante, perché costituiscono un centro di interessi tutt’affatto distinto, né del rappresentante comune degli azionisti di risparmio della società incorporata, in ipotesi venuto definitivamente meno dal ruolo ex /ege, se comunque quest’ultimo possa essere ravvisato come un mandatario, individuato dall’assemblea speciale ante fusione, in tale veste potendo svolgere i compiti sostanziali e processuali in rappresentanza del centro di interessi medesimo; in caso di risposta negativa, la possibilità di ricorrere all’istituto generale del curatore speciale, ai sensi degli articoli 78 s. c.p.c., da nominare alla parte, quale autonomo centro di interessi, priva del soggetto che la rappresenti. 9. – in vista dell’odierna udienza sono state depositate memorie da -omissis- ed il procuratore generale ha depositato requisitoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso di -omissis- e di quello -omissis- e l’accoglimento del ricorso -omissis-ragioni della decisione10. – il ricorso -omissis- contiene i seguenti motivi: i) primo motivo: ai sensi dell’articolo 360 primo comma 4) c.p.c. per nullità, e ai sensi dell’articolo 360 primo comma n. 3) c.p.c., per violazione e/o falsa applicazione degli articoli 105, primo comma, 324 e 268 secondo comma c.p.c., nella parte in cui la sentenza (punto a. 17, pag. 13), ha ritenuto di confermare la sentenza di prime cure in punto di ammissibilità dell’intervento del -omissis- definito principale e litisconsortile. ii) secondo motivo: ai sensi dell’articolo 360 primo comma 3) c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2504-bis primo comma, 2416 secondo comma c.c., e degli artt. 146 e 147 terzo comma e primo comma t.u.f. con riferimento agli articolo 2418 primo comma e 2417 terzo comma c.c., nonché ai sensi dell’articolo 360 primo comma n. 4) c.p.c. per nullità per manifesta contraddittorietà della motivazione, e ai sensi dell’articolo 360 primo comma n. 5) c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, nella parte in cui la sentenza (punto a. 18, pagg. 13-14) ha ritenuto la legittimazione passiva del dott. -omissis- e non già dell’avv. -omissis- iii) terzo motivo: ai sensi dell’articolo 360 primo comma 3) c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 146 ultimo comma t.u.f., dell’articolo 2416 primo comma c.c. e dell’articolo 2377 secondo, terzo e sesto comma c.c., e dell’articolo 2378 secondo comma c.c., nella parte in cui la sentenza (punto d. 20, pagg. 15-16, prima parte) in accoglimento di un motivo di appello incidentale del -omissis-, ha ritenuto -omissis- non legittimata ad impugnare la delibera successivamente al perfezionamento della fusione. iv) quarto motivo (in subordine rispetto all’accoglimento del terzo), ai sensi dell’articolo 360 primo comma 4) c.p.c. per nullità per manifesta contraddittorietà della motivazione, e ai sensi dell’articolo 360 primo comma n. 3) c.p.c., per violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2379 c.c. nella parte in cui (par. 23 della motivazione, pag. 18, ultima parte), la sentenza limita la declaratoria di nullità della delibera al solo profilo del compenso annuale del -omissis-, senza estenderla, come pure richiesto da -omissis- (e dall’avv. -omissis-) a quello della illegittima integrazione del fondo comune e alla connessa perdurante gestione sine die dello stesso da parte del -omissis- 11. – il ricorso -omissis- contiene i seguenti motivi: i) nullità della sentenza ex articolo 360, i n. 4 c.p.c. e violazione o falsa applicazione di norme ex articolo 360, i co. n. 3 c.p.c. in relazione alla disciplina di cui agli artt. 105, 324 e 268 c.p.c.; ii) violazione o falsa applicazione di norme ex articolo 360, i co., 3 c.p.c. in relazione alla disciplina di cui agli artt. 2504 bis c.c., 2416 c.c. e 147 t.u.f. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex articolo 360, i co., n. 5 c.p.c.; iii) violazione o falsa applicazione di norme ex articolo 360, i , n. 3 c.p.c. in relazione alla disciplina ex artt. 2377 e 2378 c.c. inerente la legittimazione attiva di -omissis- ad impugnare la delibera; iv) nullità della sentenza ex articolo 360, i n. 4 c.p.c. e violazione o falsa applicazione di norme ex articolo 360, i co. n. 3 c.p.c. in relazione alla disciplina ex artt. 2377 e 2378 c.c. con riguardo la legittimazione attiva di -omissis- ad impugnare la delibera. 12. – il ricorso -omissis- contiene i seguenti motivi: i) violazione degli 100, 324, 329, 342 e 346 c.p.c. vizio ex articolo 360, n. 3 c.p.c.. con esso si censura l’impugnata decisione nella parte in cui ha ritenuto scrutinabili le ragioni di merito fatte valere dagli appellanti, malgrado la contraria statuizione adottata dal giudice di prime cure che aveva rilevato come neppure subordinatamente -omissis- avesse chiesto di pronunciare nel merito -omissis- nel caso della riconosciuta legittimazione passiva del -omissis- non fosse stata fatta oggetto di impugnazione in appello, si ché riguardo ad essa andava preso atto dell’acquiescenza delle parti appellanti ed, in particolare, del difetto di interesse del -omissis- ii) nullità della sentenza ex articolo 132, comma 2 4, c.p.c. e, ancora, ex artt. 99 e 112 c.p.c., in relazione anche all’articolo 2907 c.c. – vizio ex articolo 360 n. 4 c.p.c.. con esso si censura il medesimo capo della decisione impugnata censurato con il primo motivo di ricorso per avere la corte d’appello ritenuto assodato che -omissis- avesse chiesto che si pronunciasse nel merito anche nel caso della riconosciuta legittimazione passiva del terzo intervenuto, senza peraltro darsi cura di esplicitare in quali termini detta statuizione fosse stata richiesta ed in tal modo incorrendo nel vizio di motivazione apparente e senza avvedersi dell’inapplicabilità alla specie del principio giurisprudenziale richiamato in motivazione afferendo esso al ben diverso caso del convenuto che, qui, nella persona del -omissis- si era sempre riconosciuto legittimato passivo a resistere alle domande di -omissis- non rendendosi in ogni caso estensibile ad una posizione organizzativa societaria. iii) nullità della sentenza ex articolo 132, comma 2, 4, c.p.c. vizio ex articolo 360, n. 4 c.p.c.. con esso si censura l’impugnata decisione nella parte in cui ha ritenuto scrutinabile la domanda di nullità proposta da -omissis-in relazione al capo della deliberazione impugnata afferente al compenso, malgrado questa non fosse assistita dall’allegazione di un interesse concreto ed attuale al suo accoglimento e ciò perché in difetto di ogni deduzione al riguardo, l’accoglimento della domanda in parola non avrebbe prodotto alcuna utilità giuridicamente apprezzabile nell’interesse del proponente, atteso che la remunerazione del rappresentante comune degli azionisti di risparmio è affare che attiene ai medesimi e non alla società. iv) violazione di l errata interpretazione e applicazione degli artt. 145 e seg. d.lgs 24 febbraio 1988, n. 58 (in relazione agli artt. 2376, 2415, 2418, 2504 quater c.c.), nonché dell’articolo 1722 c.c. errata e mancata applicazione degli artt. 1366, 1367 e 1424 c.c. – vizio ex articolo 360, n. 3 c.p.c.. con esso si censura l’impugnata decisione nella parte in cui essa ha ritenuto di accogliere la domanda di nullità proposta da -omissis- in relazione al capo della deliberazione impugnata afferente al compenso sul dichiarato presupposto che il rappresentante comune degli azionisti di risparmio della società incorporata, in analogia agli amministratori e ai sindaci della medesima, fosse cessato dalla carica per effetto della fusione, vero essendo al contrario che il rappresentante comune non è un organo sociale, ma è l’organo rappresentativo di una categoria di azionisti, a tutela dei cui interessi fin tanto che essi permangono e sono separati da quelli della società incorporata, il rappresentante ha il munus di occuparsi, tanto più che riguardo alla sua posizione non è applicabile, come erroneamente ravvisato dal decidente, l’articolo 1722, comma 1, n. 4 c.c. in quanto la categoria degli azionisti rappresentati non si estingue per effetto della fusione, né è altrimenti invocabile il disposto dell’articolo 2504 c.c., atteso che gli azionisti di risparmio dell’incorporata non si identificano con essa e non trasferiscono diritti e pretese in capo all’incorporante, né infine, ferma in ogni caso la convertibilità del negozio nullo in altro idoneo a produrre un qualche altro effetto voluto dalle parti, si giustificherebbe un’interpretazione che non assicuri al rappresentante comune la disponibilità dei mezzi necessari alla prosecuzione del giudizio a suo tempo promosso in relazione alla delibera di fusione. v) violazione dell’articolo 1418 e., dell’articolo 2379 c.c., dell’articolo 2504-bis e dell’articolo 2504-quater c.c. vizio ex articolo 360, n. 3 c.p.c. con esso si censura, per violazione degli artt. 1418, 2379, 2504-bis e 2504-quater, c.c., l’impugnata decisione nella parte in cui essa ha ritenuto di accogliere la domanda di nullità proposta da -omissis- in relazione al capo della deliberazione impugnata afferente al compenso sul dichiarato presupposto che, essendo il rappresentante comune cessato dalla carica in conseguenza della fusione, l’oggetto della deliberazione risultava impossibile, vero al contrario che al momento della sua adozione, precedente seppur di poche ore gli effetti della fusione, questi non si erano ancora prodotti, sì che la deliberazione era tutt’altro che impossibile e la determinazione in essa contenuta doveva perciò ritenersi pienamente efficace. vi) violazione o falsa applicazione degli 91 e 92 c.p.c. – vizio di motivazione in relazione all’articolo 360 n. 3 c.p.c.. 13. – i ricorsi vanno -omissis- respinti. 13.1 – il primo mezzo di entrambi detti ricorsi va disatteso. viene a tal riguardo in questione la determinazione adottata dalla corte d’appello sull’intervento del -omissis- nel giudizio promosso da -omissis- per l’invalidazione della delibera assunta dagli azionisti di risparmio -omissis- in data 30 settembre 2015. sostengono ricorrenti che la decisione sarebbe affetta da nullità perché, qualificando l’intervento del -omissis- come litisconsortile, non avrebbe potuto confermare la decisione di primo grado che quell’intervento aveva invece qualificato come autonomo, così incorrendo nella violazione del giudicato formatosi al riguardo per effetto della mancata impugnazione sul punto della decisione di primo grado, violando altresì l’articolo 268 c.p.c. dato che, in considerazione di quanto dedotto dall’interveniente, costui non avrebbe potuto costituirsi, come avvenuto, alla prima udienza, ma avrebbe dovuto proporre le proprie domande nel termine di venti giorni prima dell’udienza di prima comparizione. sotto il primo aspetto, e cioè con riguardo alla ipotizzata violazione di giudicato, le censure non hanno fondamento giacché la corte d’appello ha menzionato la natura litisconsortile dell’intervento a fini meramente descrittivi, senza che ciò abbia integrato una ratio decidendi tale da sostenere la decisione adottata, e così suscettibile di acquistare autorità di cosa giudicata. d’altronde, tra intervento autonomo ed intervento litisconsortile non vi è una dirimente distinzione, tale da assumere rilievo per i fini che qui interessano, in quanto dotata di attitudine ad incidere sul formarsi delle preclusioni assertive e probatorie, correndo essa distinzione, semmai, tra intervento principale (autonomo o litisconsortile) e intervento adesivo dipendente. e cioè, sia in caso di intervento autonomo che litisconsortile, la preclusione, per il terzo interveniente, di compiere atti che, al momento dell’intervento, non sono più consentiti ad alcuna parte, contenuta nell’articolo 268, comma 2, c.p.c., opera esclusivamente sul piano istruttorio, non anche su quello assertivo (solo a mero titolo di esempio cass. 22 agosto 2018, n. 20882, richiamata anche dal procuratore generale nella sua requisitoria). il che risponde alla censura anche sotto il secondo aspetto – quello concernente le scansioni temporali entro cui l1intervento deve dispiegarsi – e conferma l1esattezza, sul punto della statuizione della corte distrettuale. 13.2 – il secondo mezzo degli stessi ricorsi ora in esame va disatteso. 13.2.1 – le azioni di risparmio sono disciplinate agli articoli 145- 147 del testo unico della finanza, titolo iii, capo ii, sezione iv, «azioni di risparmio ed altre categorie di azioni». per quanto interessa, l’articolo 145 è dedicato alla «emissioni delle azioni», appunto di risparmio, le quali si caratterizzano perché «prive del diritto di voto», e, per converso, «dotate di particolari privilegi di natura patrimoniale». l’articolo 146, sotto la rubrica: «assemblea speciale», regola poi il funzionamento ed poteri dell’assemblea degli azionisti di risparmio, la quale delibera: a) sulla nomina e sulla revoca del rappresentante comune e sull’azione di responsabilità nei suoi confronti; b) sull’approvazione delle deliberazioni dell’assemblea della società che pregiudicano i diritti della categoria; c) sulla costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela dei comuni interessi e sul rendiconto relativo, fondo che è «anticipato dalla società, che può rivalersi sugli utili spettanti agli azionisti di risparmio», entro determinati limiti; d) sulla transazione delle controversie con la società; e) sugli altri oggetti d’interesse comune. l’articolo 147 è infine rubricato: «rappresentante comune», al quale, secondo il comma 1, «si applica l’artico/o 2417 del codice civile, intendendosi l’espressione obbligazionisti riferita ai possessori di azioni di risparmio». va dunque qui rammentato che l’articolo 2417 stabilisce chi può essere nominato rappresentante comune (comma 1); aggiunge che, se non nominato secondo la previsione di legge, «è nominato con decreto dal tribunale su domanda di uno o più obbligazionisti», nel nostro caso ovviamente di uno o più azionisti di risparmio, «o dagli amministratori della società» (comma 2); fissa la durata massima dell’incarico, affida all’assemblea la determinazione del suo compenso e prescrive l’iscrizione della nomina nel registro delle imprese (comma 3). il comma 3 dell’articolo 147 stabilisce ancora che: «il rappresentante comune ha gli obblighi e i poteri previsti dall’articolo 2418 del codice civile», nuovamente «intendendosi l’espressione obbligazionisti riferita ai possessori di azioni di risparmio». dunque il rappresentante comune: a) in forza del rinvio all’articolo 2418 c.c., «deve provvedere all’esecuzione delle deliberazioni de/l’assemblea» degli azionisti di risparmio, e deve «tutelare gli interessi comuni di questi nei rapporti con la società>>; inoltre ha diritto di assistere all’assemblea dei soci, e, per la tutela degli interessi comuni, ha la rappresentanza processuale degli azionisti di risparmio; b) in forza della previsione direttamente recata dall’articolo 147 ha «diritto di esaminare i libri» ivi menzionati «e di ottenerne estratti, di assistere all’assemblea della società e di impugnarne le deliberazioni», il tutto con la finale precisazione che: «le spese sono imputate al fondo previsto da/l’articolo 146, comma 1, lettera c)». in ultimo, il comma 4 dell’articolo 146 rimette all’atto costitutivo l’eventuale conferimento di ulteriori poteri al rappresentante comune e all’assemblea, mentre impone che esso atto costitutivo preveda «le modalità per assicurare un ‘adeguata informazione al rappresentante comune sulle operazioni societarie che possano influenzare l’andamento delle quotazioni delle azioni della categoria». 13.2.2. – riguardo al rappresentante comune si discute, in dottrina, se questi debba essere considerato quale organo della società o se, invece, partecipi soltanto dell’organizzazione della speciale categoria, individuata dal legislatore, degli azionisti di risparmio: ed il dibattito non è senza rilievo per la soluzione del principale quesito sollevato dall’ordinanza di rinvio in pubblica udienza, giacché, se si trattasse di organo della società, ciò potrebbe contribuire a rendere preferibile – quantunque, reputa il collegio, non del tutto obbligata – la tesi secondo cui, venuta meno la società emittente per effetto della fusione per incorporazione, ne rimarrebbero meccanicamente travolti i suoi organi, ivi compreso il rappresentante comune dell’organizzazione degli azionisti di risparmio. in tal senso, vi è chi ha valorizzato, in particolare, la previsione concernente il potere sostitutivo di nomina del rappresentante comune da parte del tribunale, ai sensi dell’articolo 2417, comma 2, c.c., non solo su istanza di uno o più azionisti di risparmio, ma anche degli amministratori della società. 13.2.3. – l’argomento, tuttavia, non sembra decisivo, mentre pare piuttosto da credere, guardando al complessivo fenomeno dell’azionariato di risparmio, che il rappresentante comune si collochi in una posizione potenzialmente antagonista nei confronti della società emittente, in funzione della tutela del coacervo degli interessi che agli azionisti di risparmio fanno capo, ed in dipendenza del carattere ibrido dei titoli in discorso, di cui subito si dirà.a comprendere a grandi linee la collocazione degli azionisti di risparmio nel sistema, e di qui del rappresentante comune, varrà rammentare la risalente ed elementare distinzione, emersa anzitutto nel pensiero economico, tra due eterogenei gruppi di azionisti, da un lato gli «azionisti imprenditori», per i quali le azioni sono strumento di controllo della società, dall’altro lato gli «azionisti risparmiatori», cioè coloro i quali acquistano le azioni a titolo di investimento, senza essere interessati (e forse neppure disponibili) ad occuparsi della vita sociale. ben si spiega allora una considerazione – corrispondente, beninteso, ad una diffusa opinione – contenuta in una relazione del 1925 della all’epoca costituita commissione reale per la riforma dei codici, in particolare del codice di commercio, laddove si evidenziava «che una grande massa flottante dei titoli azionari è nelle mani di persone, che non si preoccupano affatto di frequentare le assemblee, che sono azionisti con l’animo di obbligazionisti, e a cui interessa non il diritto di voto, ma solo il diritto al dividendo e la possibilità di realizzare una differenza nelle quotazioni di borsa. nessun grave turbamento si apporterebbe forse nella facilità di collocamento di queste azioni, anche se queste risultassero prive fin dall’origine del diritto di voto». riflessione, quella ora trascritta, in cui risalta l’efficace formula caratterizzante gli «azionisti con l’animo di obbligazionisti».se gli azionisti sono nella loro veste soci della società, mentre gli obbligazionisti non lo sono, ma sono creditori della società, chiara appare allora la ratio che ha mosso il legislatore a disegnare la figura del rappresentante comune degli azionisti di risparmio sulla falsariga di quello degli obbligazionisti, attraverso il duplice richiamo contenuto nell’articolo 147 poc’anzi citato, giacché i primi si inseriscono nella struttura della società, nel senso più ampio, come si diceva, «con l’animo» dei secondi: i.e. il legislatore ha inteso qui trattare gli azionisti di risparmio, i quali non hanno diritti amministrativi ma solo diritto patrimoniali, sotto l’aspetto della conformazione della figura del rappresentante comune, quali fossero, piuttosto che soci, creditori della società, assimilandoli insomma a creditori della società.e, che le azioni di risparmio manifestino siffatto carattere di ibridismo trova conferma, tra le altre, nella circostanza che, secondo un’indicazione proveniente dall’esma, tali titoli, in ragione dei particolari privilegi patrimoniali di cui godono per legge, andrebbero classificati nel bilancio ias/ifrs tra le passività finanziarie anziché nel patrimonio netto: si è usato il condizionale giacché la cosa è discussa, ma qui non interessa la finale soluzione da dare allo specifico quesito, bensì per l’appunto sottolineare il carattere ibrido delle azioni di risparmio, rispetto al carattere puro delle figure collocate agli estremi opposti delle azioni e delle obbligazioni, carattere ibrido che vale inoltre a distinguere, ulteriormente, le azioni di risparmio da altri titoli anch’essi ibridi, ma con diverse caratteristiche, quali in particolare le azioni privilegiate, le quali conferiscono, in misura variabile, non solo diritti patrimoniali, ma anche diritti amministrativi: con l’ulteriore conseguenza che la disciplina delle azioni di risparmio neppure può essere appiattita o letta de plano alla luce di quella delle azioni privilegiate. 13.2.3 – così stando le cose, la citata previsione normativa concernente la nomina del rappresentante comune da parte del tribunale su domanda anche degli amministratori della società non dimostra tanto la sua natura di organo della società medesima, né vale a neutralizzare l’evidenziato peculiare profilo di alterità, di potenziale antagonismo – come si diceva già in precedenza, antagonismo ben rappresentato dalla constatazione che l’assemblea degli azionisti di risparmio, come si è detto, è chiamata fisiologicamente a pronunciarsi sulla transazione delle controversie con la società – tra società e gruppo degli azionisti di risparmio, col quale essi amministratori ben possono avere interesse ad interloquire per il tramite del rappresentante comune, tenuto conto, in generale, che la previsione normativa delle azioni di risparmio, oltre a rispondere alla già menzionata esigenza di garantire ai soci risparmiatori un’adeguata tutela delle loro aspettative reddituali, consente altresì agli azionisti imprenditori di rafforzare la struttura finanziaria della società senza comprometterne gli assetti di potere. in fin dei conti, non sembra che il combinato disposto delle richiamate norme offra elementi per guardare all’organizzazione degli azionisti di risparmio come ad una sub-articolazione immedesimata nell’organizzazione sociale, mentre ciò che al contrario emerge sono i «rapporti» intercorrenti tra il gruppo degli azionisti di risparmio e la società, rapporti rispetto ai quali il rappresentante comune è chiamato, come stabilisce l’articolo 147, a «tutelare gli interessi comuni di questi», interessi evidentemente giudicati degni di protezione giuridica, e dunque tali da assumere la consistenza di diritti.13.2.4. – né v’è bisogno di personificare il gruppo degli azionisti di risparmio, riconoscendo ad esso, come pure è stato sostenuto, una soggettività riconducibile al fenomeno associati non sembra che il dato normativo offra appigli in tal senso, mentre appare assai più agevole ritenere che gli interessi del gruppo siano considerati dal legislatore nella loro oggettività, quali interessi tutelati, sebbene adespoti, la cui cura è affidata ad un ufficio, quello del rappresentante comune – con la precisazione che la scelta lessicale del vocabolo «rappresentante» sembra dover essere intesa in senso meramente descrittivo, attesa la difficoltà di ravvisare i caratteri propri della rappresentanza, volontaria o legale, diretta, indiretta od organica, nei rapporti tra il gruppo ed il «rappresentante» volto alla tutela degli interessi comuni agli azionisti di risparmio.13.2.5. – poste le premesse, pare agevole arguirne che il rappresentante comune degli azionisti, istituito dal legislatore in funzione della tutela degli interessi del gruppo, in un regime di eccezione al principio generale stabilito dall’articolo 81 c.p.c., secondo cui «nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui», permane in vita fintanto che sopravvivano quegli interessi che egli ha l’obbligo di tutelare.va da sé che la società può certo estinguersi per effetto di fusione per incorporazione, sicché vengano a cessare le stesse azioni di risparmio di quella ormai defunta società, ma ciò non estingue gli interessi pregressi, meritevoli di tutela, ergo dei diritti, che il gruppo degli azionisti di risparmio della società poi incorporata, per il mezzo del rappresentante comune, era legittimato a far valere nei confronti della società medesima, in un rapporto dialettico che veda ormai come controparte l’incorporante.13.2.6. – come osservato dal procuratore generale, allora, a seguito di una fusione per incorporazione, gli azionisti di risparmio della società incorporata conservano, sino alla statuizione definitiva del giudice, la legittimazione ad instare per il risarcimento del danno per erroneità e inadeguatezza del rapporto di cambio, azione esercitata in persona del loro rappresentante comune, in forza della legittimazione attribuitagli dal combinato disposto degli articoli 147 t.u.f. e 2418 c.c., impugnando la deliberazione di fusione della loro società nella società incorporante.ed a tal fine è conseguentemente necessario apprestare i mezzi strumentali per il funzionamento dell’organizzazione separata degli azionisti di risparmio, e della loro comune rappresentanza ex articolo 147 t.u.f., funzionamento che si protende anche oltre i limiti temporali di permanenza della stessa: trattandosi di presidio previsto dalla legge proprio al fine di conferire effettività di tutela alla categoria. ciò comporta: -) per un verso, che, ove il loro rappresentante comune, in esecuzione di esplicito mandato assembleare, eserciti i poteri attribuitigli dal combinato disposto degli articoli 147 t.u.f. e 2418 c.c., evocando in giudizio la società, e successivamente, per una qualsiasi ragione e in particolare per l’attuazione di una decisione dell’assemblea degli azionisti ordinari, la categoria azionaria speciale dei risparmisti cessi di esistere, ciò non incide sull’azione già intentata, in dipendenza di una non ipotizzabile sopravvenuta carenza di legittimazione del rappresentante comune: ché altrimenti si attribuirebbe al soggetto per definizione controinteressato (la maggioranza assembleare degli azionisti ordinari) un paradossale potere di cancellare la tutela che la legge riconosce invece espressamente agli azionisti di risparmio; -) per altro verso che proprio contro il rappresentante comune degli azionisti di risparmio della società incorporata debba essere intentata l’azione di impugnativa di deliberazioni concernenti l’entità del fondo strumentale alla gestione della controversia e dello stesso compenso al rappresentante comune. 13.2.7. – È superfluo aggiungere che, in contrario, non può di certo essere invocato il principio secondo cui la fusione per incorporazione estingue la società incorporata (cass., sez. un., 30 luglio 2021 21970), giacché ciò che viene qui in discussione non è un’iniziativa processuale riconducibile a quest’ultima, bensì un’azione intentata, con l’utilizzo del fondo a ciò preposto, nei suoi confronti, e della sua prosecuzione nei confronti della incorporante.nessun impatto ostativo alla ricostruzione effettuata, in altri termini, possiede il disposto dell’articolo 2504-bis c.c., secondo cui: «la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione». anzi, proprio perché l’incorporante subentra alla incorporata, che era controparte del rappresentante comune, l’intervenuta fusione non incide sul permanere della legittimazione (attiva e passiva, nei termini indicati) di quest’ultimo, soggetto preposto ex lege alla tutela degli interessi degli azionisti di risparmio, legittimazione che sopravvive quoad effectum all’estinzione della società fusa, ossia entro i limiti di un congegno di prorogatio sino al conseguimento (o al disconoscimento) giudiziale del diritto in contestazione. 13.2.8. – È appena il caso di soggiungere, per completezza, che si colloca al di fuori del possibile l’idea che la legittimazione processuale del rappresentante comune degli azionisti di risparmio della società incorporata possa trasferirsi al rappresentante comune della medesima categoria della società incorporante, al quale, in tal modo, si finirebbe conferirebbe un diritto rispetto al quale l’organizzazione speciale da lui rappresentata e tutelata è del tutto estranea – un conto è il gruppo degli azionisti della società incorporata, un conto tutt’affatto distinto quello della incorporante – , ed anzi potenzialmente controinteressata, ben potendo gli azionisti di risparmio dell’incorporante avere interesse a che ogni azione proposta dagli azionisti di risparmio dell’incorporata (vuoi nei termini di un di un più favorevole concambio, vuoi di fuoriuscita dal patrimonio dell’incorporante di una somma di denaro volta a ristorare il danno subito per effetto della fusione) sia integralmente respinta. 13.2.9. – in conclusione, poiché le deliberazioni assunte dall’assemblea degli azionisti di risparmio di -omissis- il 30 settembre 2015 riguardano tutte e solo decisioni confermative, attuative e strumentali della già deliberata e intrapresa azione esperita dal comune rappresentante -omissis- contro le condizioni ad essi imposte dalla fusione, legittimato a contraddire all’impugnazione di tali deliberazioni era e rimane lo stesso -omissis- ne deriva l’infondatezza dei primi due motivi del ricorso -omissis- e di quello -omissis- 13.3 – parimenti infondati sono i rimenanti motivi dei due ricorsi in esame relativi alla carenza di legittimazione a far valere vizi di annullabilità della delibera. come osservato nella requisitoria del procuratore generale, secondo il disposto dell’articolo 2378, comma 2, c.c., per proporre l’azione di annullabilità di una delibera assembleare «il socio o i soci opponenti devono dimostrarsi possessori al tempo dell’impugnazione del numero di azioni previsto dal terzo comma dell’articolo 2377».in proposito il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, fatto proprio dalla sentenza di cui chiede la cassazione, vuole, in via generale, che l’azione di annullamento delle delibere assembleari di una società per azioni, disciplinata dall’articolo 2377 c.c., presuppone, quale requisito di legittimazione, la sussistenza della qualità di socio dell’attore anche al momento della decisione della controversia, tranne nel caso in cui il venir meno di tale qualità sia diretta conseguenza della deliberazione la cui legittimità egli contesta (cfr. sul punto, cass. 17 ottobre 2014, n. 22784; cass. 25 settembre 2013, n. 21889 e cass. 7 novembre 2008, n. 26842). né, come correttamente sottolineato dai giudici di merito, può applicarsi al caso di specie il principio della perpetuatio legitimationis, posto che la legittimazione attiva di -omissis- è venuta meno per effetto della fusione, deliberata dalla stessa società e non già per atti o fatti attribuibili a terzi. 14. – il ricorso -omissis- va accolto nei limiti che segue. 14.1 – i primi due mezzi di detto ricorso, prima di ogni altra considerazione, sono inammissibili ai sensi dell’articolo 360-bis, n. 1, p.c., giacché la pronuncia impugnata è conforme all’insegnamento di questa corte, richiamato dal giudice di merito, secondo cui, qualora il terzo spieghi volontariamente intervento litisconsortile assumendo esser lui – e non il convenuto – il soggetto nei cui confronti si rivolge la pretesa dell’attore, la domanda originaria, anche in mancanza di espressa istanza, si intende automaticamente estesa al terzo, nei confronti del quale il giudice può, pertanto, assumere le conseguenziali statuizioni (cass. 1° luglio 2008, n. 17954), con la precisazione che detto principio opera anche quando il terzo intervenga assumendo essere anche lui il legittimato passivo, e non solo le altre parti chiamate originariamente in giudizio (cass. 19 gennaio 2012, n. 743; cass. 25 novembre 2021, n. 36639), nulla rilevando, contrariamente a quanto asserito dal -omissis-, che il -omissis- avesse riconosciuto la propria legittimazione passiva, riconoscimento del tutto insignificante, per l’ovvia considerazione che la relativa carenza è rilevabile officiosamente. 14.2 – il terzo, quarto e quinto motivo, possono essere simultaneamente esaminati e vanno accolti, con assorbimento dell’ultimo in punto di spese. dall’affermata permanenza della legittimazione processuale del redaelli deriva difatti la fondatezza in parte qua del suo ricorso, non potendosi ipotizzare, né dal punto di vista logico né giuridico, alcuna distinzione fra «carica» e «funzioni», in quanto la prosecuzione delle funzioni implica la continuità della carica, nei limiti delle funzioni. 15. – respinti i ricorsi -omissis- e -omissis- nella qualità, con raddoppio del contributo unificato, dichiarata l’inammissibilità dei primi due mezzi del ricorso -omissis- nella qualità, vanno accolti nei sensi di cui in motivazione il terzo, quarto e quinto motivo dello stesso ricorso, con assorbimento del sesto, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata anche per le spese alla corte d’appello di milano in diversa composizione, che si atterrà a quanto dianzi indicato ed in particolare ai seguenti principi di diritto: «il rappresentante comune degli azionisti di risparmio non è organo sociale bensì corifeo dell’organizzazione di categoria, in posizione tendenzialmente contrapposta nei confronti della società alla luce delle esigenze di tutela degli azionisti “risparmiatori” rispetto agli azionisti “imprenditori”»; «la legittimazione degli azionisti di risparmio della società incorporata a contestare la congruità del rapporto di cambio – in funzione di una tutela risarcitoria permane anche successivamente all’efficacia della fusione»; «la legittimazione processuale del rappresentante comune degli azionisti di risparmio dell’incorporata non si trasferisce al suo omologo dell’incorporante per effetto dell’efficacia della fusione».per questi motivirigetta i ricorsi -omissis- e -omissis-, nella qualità, dichiara inammissibili primi due mezzi del ricorso nella qualità, accoglie nei sensi di cui in motivazione il terzo, quarto e quinto motivo dello stesso ricorso, con assorbimento del sesto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla corte d’appello di milano in diversa composizione. ai sensi del d.p.r. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico di -omissis- e- -omissis- , nella qualità, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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