La corte di cassazione con la  sentenza n. 6675/2025 chiarisce che la scissione societaria produce effetti civili dal momento dell'iscrizione nel registro delle imprese, e che la scelta del momento di tale iscrizione, seppur successiva alla delibera, è legittima se non abusiva. 

Sentenza sui ricorsi riuniti nn. 25206/2019 e 31634/2021 r.g., proposti, il primo, da: xxx (già yyy spa), con sede in [omissis], regno unito, in persona del legale rappresentante pro tempore d.m.d., rappresentata e difesa, giusta procura speciale conferita con atto per notar [omissis] del 26 novembre 2021, dall'avvocato prof. [omissis] e dagli avvocati [omissis], con cui elettivamente domicilia presso lo studio di questi ultimi [omissis] in roma, [omissis]. - ricorrente e controricorrente incidentale - contro ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica (già ministero della transizione ecologica), in persona del ministro pro tempore, ministero dell'economia e delle finanze, in persona del ministro pro tempore, nonché, in luogo delle disciolte gestioni commissariali per l'emergenza socio-economico ambientale nelle lagune di grado e marano e per l'emergenza nel territorio del bacino del fiume sacco tra le province di roma e frosinone, il ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e, per quanto possa occorrere, la presidenza del consiglio dei ministri, in persona del presidente del consiglio pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'avvocatura generale dello stato, presso i cui uffici domiciliano ope legis in roma, alla via dei portoghesi n. 12. - controricorrenti e ricorrenti incidentali - e gamma spa in amministrazione straordinaria, in persona del commissario straordinario. - intimata - ed il secondo da: xxx (già yyy spa), con sede in [omissis], regno unito, in persona del legale rappresentante pro tempore d.m.d., rappresentata e difesa, giusta procura speciale conferita con atto per notar [omissis] del 26 novembre 2021, dall'avvocato prof. [omissis] e dagli avvocati [omissis], con cui elettivamente domicilia presso lo studio di questi ultimi [omissis] in roma, [omissis]. - ricorrente e controricorrente incidentale - contro ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica (già ministero della transizione ecologica), in persona del ministro pro tempore, ministero dell'economia e delle finanze, in persona del ministro pro tempore, nonché, in luogo delle disciolte gestioni commissariali per l'emergenza socio-economico ambientale nelle lagune di grado e marano e per l'emergenza nel territorio del bacino del fiume sacco tra le province di roma e frosinone, il ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e, per quanto possa occorrere, la presidenza del consiglio dei ministri, in persona del presidente del consiglio pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'avvocatura generale dello stato, presso i cui uffici domiciliano ope legis in roma, alla via dei portoghesi n. 12. - controricorrenti e ricorrenti incidentali - e gamma spa in amministrazione straordinaria, in persona del commissario straordinario. - intimata - avverso la sentenza non definitiva, n. cron. 973/2019, e la sentenza definitiva, n. cron. 3294/2021, entrambe della corte di appello di milano, pubblicate, rispettivamente, il giorno 5.3.2019 ed il giorno 12.11.2021; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 26.2.2025 dal consigliere dott. [omissis]; udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. [omissis], che ha concluso chiedendo l'accoglimento del sub-motivo del ricorso principale 10.1) e, nei limiti di cui in motivazione, dell'undicesimo motivo del medesimo ricorso, rigettandosi, invece, il ricorso incidentale; uditi, per la ricorrente, l'avv. prof. [omissis] e gli avv.ti [omissis], che hanno concluso chiedendo l'accoglimento del proprio ricorso ed il rigetto del ricorso incidentale della controparte; udito, per le amministrazioni controricorrenti, l'avv. [omissis], che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile o rigettarsi l'avverso ricorso ed accogliersi il proprio ricorso incidentale; lette le memorie ex art. 378 c.p.c. depositate dalle parti. fatti di causa 1. la gamma spa in amministrazione straordinaria (d'ora in avanti, breviter, gamma) citò dinanzi al tribunale di milano la beta spa, oggi alfa plc, e le pubbliche amministrazioni indicate in epigrafe, chiedendo che fosse accertata, anche rispetto alle dette amministrazioni, la corresponsabilità solidale della beta spa per tutti i debiti - per oneri di bonifica e per danno ambientale - ascrivibili alle responsabilità di gamma anteriori alla scissione societaria ideata e realizzata il 13 maggio 2003, con effetti dal 2 gennaio 2004, della quale la società convenuta era stata costituita beneficiaria. la domanda di accertamento fu correlata alle ingenti pretese risarcitorie azionate in varie sedi dal ministero dell'ambiente nei confronti della gamma, in relazione all'attività di produzione e commercializzazione di prodotti chimici esercitata, per il tramite delle controllate società delta e delta chimica, presso tre siti industriali (brescia, torviscosa e colleferro); essa trovò fondamento nell'art. 2504-decies c.c. nel testo allora vigente, stante l'operazione di scissione che, a dire di gamma, aveva determinato la costituzione della nuova società beta spa previo trasferimento a questa di tutte le partecipazioni detenute nel settore biomedicale. la gamma, a fronte della regola limitativa dettata dall'art. 2504-octies c.c. quanto alla rilevanza del valore effettivo del patrimonio netto trasferito, sostenne che la responsabilità di beta spa, peraltro, dovesse ritenersi illimitata, perché oneri di bonifica e danni ambientali, ove accertati, avrebbero integrato elementi del passivo la cui destinazione non sarebbe stata desumibile dal progetto di scissione. 1.1. radicatosi il contraddittorio, le amministrazioni convenute chiesero, a loro volta, la condanna di beta spa al risarcimento dei danni in solido con gamma. 1.2. con sentenza resa in data 1° aprile 2016, n. 4101, l'adito tribunale dichiarò il difetto di interesse di gamma e respinse tutte le domande proposte dalle pubbliche amministrazioni. 2. questa decisione fu appellata dal ministero dell'ambiente, dal ministero dell'economia e finanze e dalla presidenza del consiglio dei ministri. la beta spa (poi alfa plc), costituendosi, propose, a sua volta, impugnazione incidentale del capo relativo alle spese processuali ed impugnazione incidentale condizionata in ordine ad alcune questioni di merito. 2.1. la corte d'appello di milano, con sentenza non definitiva del 5 marzo 2019, n. 973, dichiarò la corresponsabilità di gamma e di beta spa per la mancata esecuzione delle misure di riparazione ambientale relativamente ai tre siti in questione. affermò, invero, la responsabilità di beta spa in quanto i debiti derivanti dagli oneri di bonifica e dai danni ambientali costituivano elementi del passivo di gamma, noti ma la cui destinazione non era desumibile dal progetto, in forza dell'art. 2504-octies, terzo comma, vecchio testo, c.c. ritenne, però, che il quadro normativo al quale far riferimento dovesse essere quello di cui alla riforma del diritto societario (dlgs. n. 6 del 2003), giacché l'operazione di scissione aveva avuto effetto, formalmente, dal 2 gennaio 2004, data di iscrizione dell'atto presso il registro delle imprese. riconobbe, dunque: i) l'effettività del nesso causale tra l'attività svolta da gamma e dalle società ad essa riferibili e l'inquinamento delle aree e, quindi, la responsabilità di gamma quale proprietaria delle aree e degli stabilimenti, oltre che gestore diretto e capogruppo delle società via via partecipate e acquisite; ii) la responsabilità, in via solidale, di beta spa, limitatamente all'attivo ad essa conferito secondo il regime ancorato al nuovo art. 2506-bis, terzo comma, c.c. 2.2. successivamente, la medesima corte, con sentenza definitiva del 12 novembre 2021, n. 3294, all'esito di un'articolata consulenza tecnica di ufficio, accolse l'appello principale proposto dalle amministrazioni e condannò alfa plc, già beta spa, entro il limite dell'attivo conferitole per effetto della scissione societaria, a rimborsare i costi associati alla riparazione primaria e compensativa del danno ambientale causato dalle attività delle società riconducibili al gruppo gamma nei tre siti sopra indicati, quantificandoli in complessivi € 453.587.327,48, di cui € 155.874.699,83 per capitale fruttifero, da restituire alla parte soccombente al verificarsi della condizione tratta dalla stessa ctu: vale a dire allorquando le concentrazioni di contaminanti nei relativi acquiferi fossero scese sotto i limiti di legge. 3. con un primo ricorso iscritto al n.r.g. 25206-2019, alfa plc ha chiesto la cassazione della menzionata sentenza non definitiva n. 973/2019, affidandosi ad otto motivi. l'avvocatura generale dello stato, nell'interesse del ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del ministero dell'economia e finanze e della presidenza del consiglio dei ministri, ha resistito con controricorso nel quale: i) ha eccepito l'inammissibilità del ricorso avversario, perché la difesa della società aveva formulato riserva di impugnazione ai sensi dell'art. 361 c.p.c., malgrado quella stessa difesa avesse vanamente richiesto alla corte d'appello la riapertura del verbale, onde correggerlo, e sostenuto che in quello non fosse stata rappresentata la effettiva volontà della parte; ii) ha proposto, in ogni caso, due motivi di ricorso incidentale. 3.1. con un secondo ricorso iscritto al n.r.g. 31634-2021, alfa plc ha chiesto la cassazione di entrambe le sentenze (non definitiva e definitiva) della corte distrettuale, formulando, complessivamente, dodici motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380-bis1 c.p.c., otto dei quali rivolti contro la sentenza non definitiva ed i residui quattro contro quella definitiva. l'avvocatura generale dello stato, ancora nell'interesse di tutte le amministrazioni pubbliche suddette, ha resistito con controricorso, corredato da analoga memoria, nel quale ha ribadito l'eccezione di inammissibilità del primo ricorso per cassazione, a suo dire non incisa dall'eventuale riunione conseguente ad apposita istanza della ricorrente, e ha proposto tre motivi di ricorso incidentale, indicandoli, infine, come comuni a entrambe le sentenze. la ricorrente principale ha replicato al ricorso incidentale con apposito controricorso ex art. 371, comma 4, c.p.c. 3.2. con ordinanza interlocutoria del 5 ottobre/3 novembre 2022, n. 32365, questa corte, disposta la riunione dei descritti ricorsi e «visto l'art. 267 del trattato sul funzionamento dell'unione europea e l'art. 295 c.p.c.», ha chiesto «alla corte di giustizia dell'unione europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale e urgente, sulla questione di interpretazione del diritto comunitario indicata al par. xii della motivazione», sospendendo, conseguentemente il giudizio. 3.3. intervenuta il 29 luglio 2024, causa c-713/22, la invocata decisione della corte di giustizia, alfa plc ha riassunto il processo, sicché è stata fissata la nuova udienza pubblica per la sua discussione, in prossimità della quale sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c. ragioni della decisione 1. È opportuno premettere che, con la menzionata ordinanza interlocutoria n. 32365/2022, questa corte, disposta la riunione al ricorso n.r.g. 25206/2019 di quello, successivo, n.r.g. 31634/2021, ha ritenuto, innanzitutto (cfr. pag. 6-7), che «l'eccezione pregiudiziale dell'avvocatura dello stato circa il ricorso iscritto al n. 25206-19, per quanto incentrata su rilievi esatti, non incide sull'ammissibilità del secondo ricorso iscritto al n. 31634-21, relativo a entrambe le sentenze. l'impugnazione immediata di una sentenza non definitiva, di cui la parte si sia riservata l'impugnazione differita, è inammissibile (v. cass., sez. 3, n. 9387/03; cass., sez. 2, n. 24141/04; cass., sez. 2, n. 10856/08; cass., sez. 3, n. 18188/14); sicché erra da questo punto di vista la società ricorrente nel sostenere la legittimità di una eventuale revoca della riserva da svolgere mediante la riapertura del verbale d'udienza. del resto, risulta dagli atti, ed è ammesso dalla stessa difesa della società, che il verbale non è stato poi riaperto, onde emendarlo nel senso da essa indicato. tuttavia è decisiva ai fini dell'ammissibilità del secondo ricorso, e della non incidenza dell'errore riguardante il primo, la circostanza che la società ha altresì proposto per l'appunto un nuovo tempestivo ricorso per cassazione (il n. 31634/21) avverso entrambe le sentenze, definitiva e non definitiva, in esatta consonanza con la formulata riserva; e in base alla giurisprudenza di questa corte, anche a sezioni unite, è sempre possibile, nell'osservanza del principio di consumazione dell'impugnazione e dei relativi termini, la proposizione di un nuovo ricorso per cassazione in sostituzione di quello che per primo sia stato invalidamente proposto ma che non sia stato ancora dichiarato inammissibile (v. cass. sez. u n. 6691/20, cass. sez. 1 n. 18604/14, cass. sez. 3 n. 2848/15, cass. sez. 3 n. 8606/11, cass. sez. cass. sez. l n. 13257/10). ne segue che il ricorso iscritto al n. 31634/21, in quanto tempestivo in rapporto alla riserva ex art. 361 c.p.c., ha funzione sostitutiva di quello di cui al n. 25206/19, inammissibile ma la cui inammissibilità non è stata prima dichiarata, e deve essere esaminato nel merito delle censure svolte contro entrambe le sentenze. egualmente dicasi per il controricorso dell'avvocatura relativo al ricorso più recente, comprensivo di ricorso incidentale, nel quale risultano riproposte le due censure di cui all'incidentale originario, con l'aggiunta del terzo motivo concernente la sentenza definitiva». affermazioni, queste, che, ove fosse necessario, devono intendersi ribadite in questa sede (cfr., in senso ad esse sostanzialmente conforme, cass. n. 14113 del 2024), sicché vanno qui dichiarati inammissibili il ricorso principale di alfa plc iscritto al n.r.g. 25206/2019 ed il ricorso incidentale proposto, nel corrispondente procedimento, dalle amministrazioni controricorrenti. 2. i tre formulati motivi del (secondo) ricorso incidentale delle pubbliche amministrazioni controricorrenti (n.r.g. 31634-2021), tutti rivolti contro entrambe le sentenze, non definitiva e definitiva, della corte distrettuale ed il cui esame, - come già sottolineato, del tutto condivisibilmente, dall'ordinanza interlocutoria n. 32365/2022 - è logicamente prioritario rispetto a quelli del ricorso principale ivi promosso da alfa plc, denunciano, rispettivamente: i) violazione o falsa applicazione degli artt. 2506-bis, 2506-quater e 2504-octies c.c. nella parte in cui, ai fini della individuazione del limite di responsabilità per la beneficiaria della scissione, la corte d'appello ha ritenuto applicabile al caso concreto la disciplina di diritto societario successiva alla riforma del 2003, anziché quella di cui alle norme anteriori. si assume che la corte d'appello non avrebbe considerato che vi era stato un abuso dello strumento della scissione, con riferimento agli artt. 2 cost., 1175, 1176 e 2740 c.c., stante l'ingiustificato ritardo col quale la scissione, già deliberata il 13 maggio 2003, era stata iscritta al registro delle imprese (il 2 gennaio 2004); ii) violazione o falsa applicazione degli artt. 2506-bis, 2506-ter e 2506-quater c.c. per abuso dello strumento della scissione (artt. 1175, 1176 e 2740 c.c.), poiché la corte d'appello, nella sentenza non definitiva, non ha escluso che l'iscrizione al registro delle imprese sia avvenuta al precipuo scopo di beneficiare della normativa sopravvenuta. se ne desume che la delimitazione di responsabilità tratta dal quadro normativo di cui agli artt. 2506-bis e ss. c.c. non si sarebbe potuta ravvisare, in quanto predicabile solo in "circostanze fisiologiche", non anche, invece, in caso di anomalie della sequenza procedimentale finalizzate a comprimere la tutela risarcitoria; iii) violazione o falsa applicazione dei principi eurounitari in materia ambientale (artt. 191 del tfue e 3-ter del tua) che, in nome del principio "chi inquina paga", consentono di individuare il centro di imputazione del danno sulla base di una nozione unitaria di impresa, nel concreto rinvenibile tra la gamma e la beta spa/alfa plc. 3. nessuna di tali doglianze, anche ad avviso di questo collegio (come già dell'ordinanza interlocutoria n. 32365/2022), si rivela idonea a scalfire l'argomentazione chiave della sentenza non definitiva n. 973/2019 della corte territoriale in ordine alla soggezione della fattispecie in esame alle norme (artt. 2506-bis e seg. c.c.) successive alla riforma di diritto societario di cui al dlgs. n. 6 del 2003. 3.1. invero, le prime due sono incentrate sulla questione dell'ipotetico abuso dello strumento societario giacché la delibera di scissione era stata già adottata a maggio del 2003: vale a dire, quindi, diversi mesi prima rispetto all'iscrizione dell'atto nel registro delle imprese avvenuta solo il 2 gennaio 2004. È agevole replicare, tuttavia, - così respingendosi tali censure - che il procedimento di scissione si articola in tre momenti, rispettivamente costituiti (i) dalla redazione e dalla pubblicità del progetto di scissione, (ii) dalla deliberazione di scissione e (iii) dalla stipula dell'atto di scissione. la delibera di scissione integra e costituisce la semplice approvazione, da parte della società, del progetto di scissione, in quanto l'operazione può ancora essere contestata dai creditori (e dagli eventuali obbligazionisti) mediante l'opposizione. ne deriva che è solo con l'atto di stipula di scissione, sottoscritto dal legale rappresentante in esecuzione della delibera assembleare, che la scissione acquisisce gli effetti civilistici, i quali decorrono dalla data di iscrizione di tale atto nel registro delle imprese (art. 2506-quater c.c.). nel caso concreto, non è contestato, né è contestabile, che l'iscrizione dell'atto sia avvenuta in data successiva all'entrata in vigore della riforma di cui al dlgs. n. 6 del 2003, con la conseguenza che è corretta l'inferenza della corte territoriale tesa a sostenere che, ai fini specifici, la responsabilità della beneficiaria dovesse trovare agio nel nuovo art. 2506-bis. affermare che l'iscrizione in data 2 gennaio 2004 sia stata frutto di una condotta abusiva, e quindi evocare il principio cd. antiabuso, implicherebbe la necessità di individuare uno stravolgimento della finalità dell'atto rispetto alla cornice attributiva stabilita dalla legge. cosa che, da un lato, implicherebbe accertamenti di fatto estranei al giudizio di legittimità, atteso che la finalità ipotizzata dalla ricorrente è stata motivatamente contestata dalla difesa di alfa plc e, dall'altro, neppure sarebbe ravvisabile in astratto dinanzi alla decisione di eventualmente differire gli effetti civilistici di un atto a fronte del beneficio di una più favorevole disciplina normativa. certamente l'abuso del diritto non presuppone una violazione in senso formale. tuttavia, per consolidata giurisprudenza, esso si realizza quando, nel collegamento tra il potere di autonomia conferito ad un soggetto ed il suo atto di esercizio, ne risulti alterata la funzione obiettiva rispetto al potere che lo prevede, ovvero lo schema formale del diritto sia finalizzato ad obiettivi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati dal legislatore (cfr. cass. n. 15885 del 2018; cass. n. 26541 del 2021). la scelta di differire gli effetti della scissione mediante la stipula dell'atto in modo da poter fruire di una disciplina normativa in fieri e più favorevole non stravolge affatto la funzione dell'atto stesso, ma corrisponde ad una legittima opzione dell'autonomia privata. 3.2. il terzo motivo del ricorso incidentale in esame, poi, si rivela inammissibile, giacché, anche ad avviso di questo collegio - come già evidenziato, ancora una volta condivisibilmente, nella citata ordinanza interlocutoria n. 32365 del 2022 - presuppone il vaglio della fattispecie identificata dalla nozione unitaria d'impresa, coinvolgente tutte le società in mano agli stessi soggetti, che non risulta essere stata prospettata nella sede di merito a fondamento della domanda, e che appare in contraddizione con la causa petendi unicamente incentrata sulla rilevanza della scissione. 4. venendo, ora, all'esame dei dodici formulati motivi del ricorso principale (n.r.g. 31634-2021) di alfa plc, - i primi otto dei quali, come già detto, rivolti contro la sentenza non definitiva n. 973/2019, ed i residui contro quella definitiva n. 3294/2021, entrambe pronunciate dalla corte di appello di milano - il primo di essi denuncia la violazione o falsa applicazione dell'art. 2506-bis c.c. in ordine alla possibilità di desumere la destinazione delle asserite responsabilità ambientali nella scissione realizzata il 13 maggio 2003, con effetti dal 2 gennaio 2004, della quale la beta spa (oggi alfa plc) era stata costituita beneficiaria, nonché omesso esame di fatto decisivo a proposito del non considerato complessivo contenuto del progetto di scissione. si sostiene che la scissione suddetta aveva avuto il chiaro obiettivo di conferire a beta spa solo le partecipazioni afferenti al settore biomedicale, mentre tutte le attività e passività non espressamente assegnate, e in particolare quelle del settore chimico, erano destinate a permanere in capo alla scissa gamma. si censura la sentenza n. 973/2019 (non definitiva) sul rilievo che la corte d'appello avrebbe tratto le conclusioni circa la responsabilità solidale di beta spa dall'essere originati i debiti da fatti e circostanze precedenti la scissione e costituenti elementi noti del passivo di gamma, a fronte del patrimonio netto di beta spa quantificato nel progetto di scissione "senza contemplare alcuna specifica assegnazione di debiti". di contro, l'art. 2506-bis c.c. impone la solidarietà passiva tra la società scissa e la beneficiaria nelle sole ipotesi in cui la destinazione di un elemento del passivo non sia in alcun modo "desumibile" dal "progetto" di scissione nel suo complesso, che pure la corte assume, nel caso di specie, di aver considerato. a dire di alfa plc, quindi, il progetto di scissione aveva fornito, nel caso concreto, tutti gli elementi perché potesse ritenersi "desumibile" l'allocazione delle eventuali responsabilità ambientali, in quanto lo stesso tribunale lo aveva indicato come "propriamente e inequivocabilmente costruito intorno alla separazione delle attività del settore biomedicale (le uniche trasferite alla beneficiaria beta) da tutte le altre attività riferibili alla originaria gamma". 4.1. questa doglianza si rivela infondata, atteso che, pure avviso di questo collegio, - come già rimarcato dalla menzionata ordinanza interlocutoria n. 32365/2022 - l'argomentazione svolta dalla difesa della società ricorrente principale non merita seguito. posto, invero, che quella in esame è stata, con tutta evidenza, una scissione parziale, la regola affermata dall'art. 2506-bis, c.c. è, in una tale ipotesi, quella per cui degli elementi del passivo la cui assegnazione non sia desumibile dal progetto di scissione rispondono solidalmente la società scissa e quella beneficiaria. la responsabilità solidale di quest'ultima è limitata al valore effettivo del patrimonio netto attribuito (cfr., in proposito, cass. n. 36690 del 2021). la ricorrente principale sostiene che: i) ai fini della norma suddetta, debbono venire in considerazione gli elementi del passivo per i quali non sia possibile individuare alcuna allocazione, "neppure implicita", "alla luce di un esame complessivo del progetto di scissione"; ii) solo nell'ipotesi in cui il progetto di scissione non fornisca alcun elemento interpretativo per potere affermare con certezza che un elemento del passivo sia inerente al patrimonio di una delle società coinvolte nell'operazione di scissione troverebbe applicazione il principio di solidarietà passiva tra tutte le società, a tutela dei creditori. secondo alfa plc, il progetto di scissione relativo alla società beta spa forniva tutti gli elementi perché potesse ritenersi desumibile l'allocazione delle eventuali responsabilità ambientali, sicché la corte d'appello avrebbe dovuto trarre dall'esame complessivo e sistematico del progetto la stessa conclusione alla quale era addivenuto il tribunale, vale a dire che, essendo stato l'intero progetto di scissione propriamente ed inequivocabilmente costruito intorno alla separazione delle attività del settore biomedicale (le uniche trasferite alla beneficiaria beta spa) da tutte le altre attività riferibili alla originaria gamma, le passività di natura ambientale, afferendo al settore chimico, non potevano che essere rimaste imputate a gamma. la tesi, oltre che inammissibilmente versata in fatto quanto al contenuto implicito del progetto di scissione, non appare condivisibile giuridicamente, poiché si basa su un presunto automatismo deduttivo, da associare al concetto di inerenza del debito al settore di attività, che nella norma non esiste. il concetto di inerenza al settore di attività è diverso da quello insito nell'espressione "destinazione" degli elementi del passivo desumibile dal progetto di scissione. l'unico concetto al quale risponde l'art. 2506-bis c.c., per escludere la responsabilità solidale della beneficiaria verso il terzo, è quello di effettiva e certa destinazione delle componenti del passivo in base al progetto. nel lessico del codice civile, il termine evoca il significato di una necessaria e puntuale risultanza del progetto - e quindi, appunto, di una effettiva e certa destinazione degli elementi passivi al patrimonio dell'uno o dell'altro soggetto -, perché la norma è ispirata alla tutela dei creditori ed il regime delle passività di incerta destinazione non può esser considerato a detrimento del danneggiato. solo nei rapporti interni (tra la società scissa e quella beneficiaria) si può discutere, nel silenzio del legislatore e dinanzi ad elementi del passivo di incerta destinazione, di un criterio di distribuzione eventualmente fondato sul principio di pertinenza, a correzione di quello residuale di eguale suddivisione di cui all'art. 1298, ultimo comma, c.c. la corte d'appello ha accertato che la destinazione degli elementi del passivo non era desumibile dal progetto di scissione. si tratta di una valutazione di merito. la critica della ricorrente a tal riguardo è essa stessa critica di merito, sicché, come tale, insuscettibile di trovare ingresso nella sede di legittimità, la quale, come è noto, non può essere trasformata in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, cass. n. 8758 del 2017; cass., ss.uu., n. 34476 del 2019; cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; cass. nn. 30435, 35041 e 35870 del 2022; cass. nn. 27522, 30878 e 35782 del 2023; cass. nn. 10712, 19423, 25495 e 33909 del 2024; cass. nn. 1918, 2040 e 2115 del 2025). 5. il secondo motivo del ricorso principale in esame prospetta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2506-bis e 2506-quater c.c., per l'errata attribuzione a beta spa anche di quei danni generati da condotte (omissive o commissive) tenute successivamente alla scissione, in violazione del limite temporale posto dalla normativa in rapporto agli "elementi del passivo" o ai "debiti" già esistenti al tempo della scissione medesima. si censura la sentenza n. 973/2019 (non definitiva) perché avrebbe omesso di rilevare la differenza di ambito applicativo che sussiste tra le evocate discipline, essendo l'art. 2506-bis c.c. incentrato sugli "elementi del passivo" e l'art. 2506-quater, viceversa, sui "debiti" insoddisfatti. secondo la ricorrente principale, la distinzione tra i due concetti - asseritamente disattesa dalla corte territoriale - avrebbe dovuto condurre ad includere nella nozione (contabile) di "debito" solo le passività di natura determinata ed esistenza certa, con scadenza ed ammontare determinato, non confondibile con i "fondi" per rischi, con gli oneri e con gli "impegni", visto che codesti - per l'appunto costituenti "elementi del passivo" - sarebbero rilevanti solo ai diversi fini dell'art. 2506-bis c.c. 5.1. questa doglianza si rivela insuscettibile di accoglimento nel suo complesso. 5.2. invero, con riferimento al suo assunto secondo cui sarebbe necessario distinguere tra "elementi del passivo" e "debiti" in relazione ai danni di cui dovrebbe rispondere beta spa (oggi alfa plc) per effetto della scissione, vanno immediatamente richiamate le argomentazioni tutte già esposte nella ordinanza interlocutoria n. 32365/2022, la quale - ancor prima di sospendere il giudizio di legittimità al fine di attivare il rinvio pregiudiziale alla corte di giustizia della ue, ai sensi dell'art. 267 tfue, volto ad ottenere una verifica di compatibilità col diritto comunitario, e segnatamente con la vi direttiva del consiglio n. 82/891 cee, dell'interpretazione della norma interna (l'art. 2506-bis c.c.) che la medesima ordinanza reputava preferibile rispetto all'alternativa sostenuta dalla ricorrente - ha osservato, preliminarmente (cfr. pag. 18-19), che «la questione prospettata attiene, specificamente, al concetto di "elemento del patrimonio passivo (...) non attribuito nel progetto di scissione" di cui all'art. 3 della citata vi direttiva, da considerare quale parametro del concetto di "elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto" che contraddistingue l'art. 2506-bis del codice civile italiano, ai fini della responsabilità solidale della beneficiaria di un'operazione di scissione parziale». successivamente essa ha provveduto alla descrizione del contesto fattuale relativo alla complessiva vicenda in esame, evidenziando (cfr. pag. 19-23) che, «[…] in punto di fatto, è stato accertato dalla corte d'appello di milano - tanto nella sentenza non definitiva, quanto in quella definitiva, e in questo caso alla luce della espletata ctu - che esiste un nesso di causalità tra l'attività svolta da gamma e dalle società ad essa nel tempo riferibili e l'inquinamento delle aree di cui è causa. in particolare, è stata accertata la responsabilità di gamma quale proprietaria delle aree e degli stabilimenti, gestore diretto e capogruppo delle società via via partecipate e acquisite, per un'intensa attività di sfruttamento ambientale protrattasi, nei tre siti, per quasi un secolo, con gravissime conseguenze di contaminazione e di inquinamento. tale responsabilità è stata oltre tutto ammessa dalla stessa gamma fin dalla citazione, così come ancora risulta dalla sentenza. nella sentenza non definitiva è stata sottolineata "la sicura anteriorità cronologica di fatti e circostanze originanti la responsabilità di gamma (..) alla data del 13 maggio 2003", in quanto desumibile da elementi documentali appositamente menzionati, provenienti dagli organi societari di essa. la suddetta responsabilità si riferisce alle conseguenze dannose di un illecito permanente, suscettibili di aggravamento nel tempo e tali da risultare per loro stessa natura refrattarie a rigide linee di demarcazione rispetto alla risultante di un'operazione societaria come quella in esame. la ricorrente, nel secondo motivo, ha sostenuto che sarebbero stati illegittimamente ascritti alla beta (oggi alfa), quale beneficiaria della scissione, anche gli aggravamenti del danno verificatisi dopo la scissione. osserva la corte che questa affermazione è parziale e comunque non è congruente, volta che l'aggravamento evoca, secondo quanto stabilito dal giudice del merito, le conseguenze di un illecito permanente pur sempre ascrivibile alla responsabilità della scissa per condotte anteriori alla scissione. rileva in tal senso la circostanza che il protrarsi della condotta (commissiva o anche solo omissiva) di gamma dopo il gennaio 2004 è stato chiaramente descritto nella sentenza definitiva come mero sviluppo di quello antecedente attuato per anni. da questo punto di vista, la sentenza definitiva, in base alla ctu dettagliatamente riportata negli esiti finali, ha determinato i danni - per riparazione primaria, complementare e compensativa - sull'accertato presupposto che l'inquinamento di tutte le aree fosse causalisticamente riconducibile, in via diretta o indiretta, all'attività di gamma a prescindere dagli sviluppi successivi al gennaio 2004. ciò è emerso nitidamente dal richiamo della sentenza alla risposta fornita dai ctu al quarto quesito loro impartito: di indicare, cioè, "ove possibile e rilevante, quali fossero alla data del 2 gennaio 2004 le condizioni di inquinamento dei siti in esame, con relative misure di riparazione, come sopra specificate, e con i relativi costi". È bene riportare testualmente quanto al riguardo emerge dalla sentenza suddetta. al quesito i ctu hanno fornito la seguente risposta: - con riguardo al sito di brescia-delta: "si ritiene che lo stato di inquinamento del sito in esame al 2 gennaio 2004 fosse analogo allo stato attuale, in termini di tipologia di inquinanti presenti, anche se si sono osservate oscillazioni temporali dei livelli di contaminazione (in particolare per il crvi). come evidenziato nella relazione, la fonte di contaminazione è dovuta a pregresse attività di società riconducibili al gruppo gamma. la produzione di pcb è ultimata nel 1984 mentre le attività che includevano l'utilizzo di mercurio sono terminate nel 1997 (e comunque prima del 2004). recenti ispezioni di epsilon lombardia hanno evidenziato la presenza di ulteriori sorgenti primarie di contaminazione (ed in particolare di mercurio) attive fino ad oggi. tali sorgenti di contaminazione sono dovute all'incuria nella gestione attuale e passata dell'ex-area produttiva, legata ad attività precedenti al 2004"; ciò in dipendenza della necessità "di una urgente messa in sicurezza della ditta delta" in base a quanto già comunicato dall'asl di brescia che nel 2001 in base alla disamina dei dati di laboratorio e delle informazioni disponibili, vale a dire che "dall'insediamento continuano ad essere rilasciate in ambiente esterno (in particolare attraverso gli scarichi idrici) sostanze (es. pcb) che contribuiscono, nel loro complesso, a peggiorare lo stato dell'ambiente stesso con possibili ripercussioni sulla salute umana."; - con riguardo al sito di colleferro: "alla data in oggetto si ritiene che lo stato di inquinamento del sito in esame fosse del tutto analogo allo stato attuale, in quanto non si ravvisano sul sito di colleferro o nella valle del fiume sacco dopo tale data, attività di alcun genere da parte delle società riconducibili al gruppo gamma"; - con riguardo al sito di delta-torviscosa: "dall'analisi della documentazione consultata, e dalla ricostruzione effettuata dagli scriventi, risulta che alla data del 2 gennaio 2004 tutti i principali fenomeni di inquinamento emersi dalle indagini di caratterizzazione ambientale fossero già consolidati. l'attività dello stabilimento, infatti, avviata negli anni '30, ha subito un forte ridimensionamento a partire dalla fine degli anni '90. le principali sorgenti della contaminazione, rappresentate dai depositi di residui dei processi lavorativi sparsi in diverse aree dello stabilimento, erano in loco da molti anni e non si è a conoscenza di contributi successivi a tale data. ulteriore elemento a sostegno di tale tesi è che la dispersione di mercurio nelle acque dei canali lagunari, attraverso gli scarichi delle acque derivanti dal processo di lavorazione della cloro-soda, è stata interrotta a partire dal 1980. infine, non risultano eventi di perdite, sversamenti, incidenti di alcun tipo che possano aver fornito un ulteriore contributo all'inquinamento in sito. le analisi condotte sulle acque di falda, seppur datate, hanno permesso di ricostruire nel 2013 un quadro di generale tendenza al miglioramento qualitativo, in ragione delle attività di messa in sicurezza realizzate dalla delta negli anni, che hanno consentito l'isolamento idraulico di molti accumuli di rifiuti o l'eliminazione in toto degli stessi, nonché l'intercettazione dei flussi idrici transitanti nelle aree maggiormente contaminate. queste considerazioni consentono di affermare con sufficiente sicurezza che, successivamente alla data del 2 gennaio 2004, non si sia assistito a nessun incremento significativo della contaminazione. come conseguenza, tutte le misure di riparazione primaria e complementare individuate e riportate nei capitoli precedenti sono completamente da imputare alle attività dello stabilimento delta antecedente alla data del 2 gennaio 2004". in sostanza, il contesto di fatto consente di ritenere accertata l'inesistenza di fenomeni incrementali dei livelli di inquinamento nei siti di torviscosa e di colleferro, e che, invece, un incremento si è avuto nel sito di brescia per la presenza - pur dopo il 2004 - di ulteriori sorgenti primarie di contaminazione (e in particolare di mercurio) attive fino a oggi. sorgenti di contaminazione che, tuttavia, pur sempre evocano il nesso causale con la condotta illecita di gamma anteriore alla scissione, essendo dovute - si dice in sentenza - "all'incuria nella gestione attuale e passata dell'ex-area produttiva, legata ad attività precedenti al 2004". da qui l'univoca conclusione della ctu, recepita dalla corte d'appello di milano e costituente specifico accertamento di fatto, che per tutte le aree esiste il nesso causale tra attività industriale specifica posta in essere dalle società riconducibili al gruppo gamma e le contaminazioni presenti in loco. occorre aggiungere che un tale nesso appare esser stato definito in coerenza con la normativa europea in materia di danno ambientale di cui alla comunicazione 2021/c, 118/01, del 7.4.2021. codesta, con riferimento alla pronuncia della corte di giustizia in causa c-378/08, ha riconosciuto, "per quanto riguarda il nesso di causalità", che, qualora la legislazione di uno stato membro lo preveda, "è sufficiente presumere l'esistenza del nesso sulla base di indizi plausibili", che siano in grado "di dare fondamento alla presunzione, quali la vicinanza dell'impianto dell'operatore all'inquinamento accertato e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nell'esercizio della sua attività". il che è proprio quanto si desume dalla sentenza definitiva, in termini ben vero neppure specificamente censurati sul versante della motivazione». in un contesto fattuale come quello così accertato, la medesima ordinanza interlocutoria n. 32362/2022 ha inquadrato il problema giuridico posto dal secondo motivo di ricorso, ricordando (cfr. pag. 23) che «la ricorrente principale sostiene che, ai sensi dell'art. 2506-bis c.c., non si potrebbero attribuire a essa beneficiaria i danni generati da condotte (omissive o commissive) tenute successivamente alla scissione, in violazione del limite temporale posto dalla normativa in rapporto agli "elementi del passivo" o ai "debiti" già esistenti al tempo della scissione medesima. sicché la sentenza non definitiva è censurata per i riflessi sulla definitiva, in quanto avrebbe omesso di rilevare la differenza di ambito applicativo che sussiste tra le evocate discipline, essendo l'art. 2506-bis c.c. incentrato sugli "elementi del passivo" e l'art. 2506-quater viceversa sui "debiti". la distinzione tra i concetti - asseritamente disattesa dalla corte territoriale - dovrebbe condurre ad includere nella nozione (contabile) di "debito" solo le passività di natura determinata ed esistenza certa, con scadenza e ammontare determinato, non confondibile con i "fondi" per rischi, con gli oneri e con gli "impegni", visto che codesti - per l'appunto costituenti "elementi del passivo" - sarebbero rilevanti solo ai diversi fini dell'art. 2506-bis c.c.». la risposta di detta ordinanza su questo punto è stata (cfr. pag. 23-25), «in base alla norma di diritto interno, negativa in ordine alla presunta necessità di distinguere, anche ai fini della responsabilità solidale, i debiti dagli elementi del passivo col fine di intendere la norma stessa come tesa a riferire la solidarietà della beneficiaria solo al passivo già determinato prima della operazione di scissione. non solo, infatti, la diversa affermazione di alfa involge profili di merito, oltre tutto con formulazione generica in ordine alla postulata irrilevanza del nesso causale tra gli accertati fatti di sfruttamento ambientale (e di inquinamento) e le conseguenze determinatesi negli anni, ma non tiene conto - come già sottolineato - della motivazione con la quale la corte territoriale ha accertato l'esistenza di un nesso di causalità tra l'attività imputabile a gamma e alle società a essa nel tempo riferibili e l'inquinamento di tutte e tre le aree di cui è causa. né la diversa affermazione di alfa si palesa congruente con l'essere stata quella di gamma una condotta inquadrabile nella categoria dell'illecito permanente. il carattere permanente dell'illecito suppone che anteriori alla scissione debbano essere semplicemente i fatti generatori delle conseguenze dannose poi accertate, in questo caso da intendere sulla base della identificazione dell'attività idonea a determinare la responsabilità dell'agente per la definizione di un danno ambientale: fatti la cui anteriorità cronologica al 13 maggio 2003 la corte d'appello ha stabilito con netta sicurezza alla luce delle risultanze delle relazioni del c.d.a. di gamma (e dello stesso comitato di controllo) del 2002 e del 2003. discorrendosi di scissione societaria, è in ciò da riscontrare l'esistenza anteriore del debito risarcitorio ai fini dell'eventuale solidarietà, sembrando codesto chiaramente compreso nella più ampia espressione ("elementi del passivo") impiegata dal legislatore italiano nell'art. 2506-bis c.c.; la quale espressione non implica alcuna predeterminata caratteristica qualitativa ai fini della potenziale assegnazione, potendo gli elementi del passivo ben essere rappresentati anche e proprio da debiti, e perfino da debiti autonomi rispetto agli asset che vengono scissi. quel che resta decisivo, dunque, ai fini dell'esegesi della norma interna, è che dal giudice del merito è stata accertata, a carico di gamma, l'anteriorità della condotta generativa del danno ambientale come configurata sia dalla legge n. 349 del 1986 che dal dlgs. n. 152 del 2006 (cd. tua), artt. 300 e seg. questa identifica l'ambito della responsabilità risarcitoria per il conforme illecito permanente. il fatto rilevante può consistere nella violazione di una qualunque prescrizione riferita ad attività umana da cui possa derivare un'alterazione o un deterioramento significativo dell'ambiente desumibile dall'insieme delle regole dell'ordinamento, tra le quali rientrano sicuramente quelle relative all'illecito aquiliano e alla responsabilità derivante dall'esercizio di attività pericolose (art. 2050 c.c.). e difatti la nozione stessa di danno ambientale, tanto se declinata ai sensi dell'art. 18 della legge n. 349 del 1986, quanto se associata al tua (art. 300), comprende - è stato detto in modo condivisibile - tutte le conseguenze dei fatti accertati, dalla perdita definitiva (correlabile alla distruzione) o al deterioramento (o peggioramento qualitativo) di una risorsa ambientale, e finanche all'alterazione del bene ambiente in sé considerato, consistente nella modificazione definitiva dell'equilibrio ecologico, biologico e sociologico del territorio con una visibile modificazione degli assetti precedenti (cfr. cass. sez. 3 n. 8662/17, cass. sez. 3 n. 8468/19)». quella stessa ordinanza, infine, ha ritenuto (cfr. pag. 25-27) che «questa interpretazione della norma di diritto interno è, ad avviso del collegio, da prediligere senz'altro anche in funzione della ratio di tutela del creditore che la sottende. la stessa corte di giustizia, con la sentenza 30.1.2020, esaminando rispetto alle scissioni delle società a responsabilità limitata il problema della tutela degli interessi dei creditori della società scissa ai fini dell'azione pauliana, ha d'altronde esplicitamente riconosciuto che la vi direttiva impone, a termini dell'ottavo considerando, che "i creditori, obbligazionisti o no, ed i portatori di altri titoli delle società partecipanti alla scissione devono essere tutelati onde evitare che la realizzazione della [scissione] li leda". e che quindi ogni interpretazione delle afferenti norme deve garantire la sicurezza giuridica nelle relazioni sia fra le società partecipanti alla scissione che fra queste e i terzi. tuttavia, è ovvio che l'interpretazione dell'art. 2506-bis c.c. qui prediletta implica una conforme esegesi della corrispondente formula che caratterizza la vi direttiva ce, rilevante pro tempore rispetto ai fatti accertati in causa. l'art. 3 della vi direttiva, applicabile anche alla scissione mediante costituzione di nuove società (art. 22), contiene invero la regola per cui "se un elemento del patrimonio passivo non è attribuito nel progetto di scissione e l'interpretazione di quest'ultimo non permette di deciderne la ripartizione, ciascuna delle società beneficiarie ne è solidalmente responsabile. gli stati membri possono prevedere che questa responsabilità solidale sia limitata all'attivo netto attribuito a ciascuna società beneficiaria". in sostanza, si basa su dicitura incentrata su concetto analogo a quello poi trasposto nella norma interna: "elemento del patrimonio passivo non attribuito nel progetto di scissione"». pertanto, - si è concluso in quella sede - «la sostanziale equivalenza di formulazione impone a questa corte, quale giudice di ultima istanza, di attivare, ai sensi dell'art. 267 del tfue, il rinvio pregiudiziale alla corte di giustizia onde verificare dunque l'inesistenza, nella direttiva, di ostacoli interpretativi rispetto alla anzidetta esegesi della norma interna». si è sottoposto, dunque, alla corte di giustizia, il seguente quesito: «se l'art. 3 della vi direttiva, applicabile (art. 22) pure alla scissione mediante costituzione di nuove società, - nella parte in cui stabilisce che (a) "se un elemento del patrimonio passivo non è attribuito nel progetto di scissione e l'interpretazione di quest'ultimo non permette di deciderne la ripartizione, ciascuna delle società beneficiarie ne è solidalmente responsabile", e che (b) "gli stati membri possono prevedere che questa responsabilità solidale sia limitata all' attivo netto attribuito a ciascuna società beneficiaria" - osti a un'interpretazione della norma di diritto interno costituita dall'art. 2506-bis, terzo comma, c.c. che intenda la responsabilità solidale della beneficiaria riferibile, quale "elemento del passivo" non attribuito dal progetto, oltre alle passività di natura già determinata, anche (i) a quelle identificabili nelle conseguenze dannose, prodottesi dopo la scissione, di condotte (commissive o omissive) venute in essere prima della scissione stessa o (ii) delle condotte successive che ne siano sviluppo, aventi natura di illecito permanente, generative di un danno ambientale, i cui effetti, al momento della scissione, non siano ancora compiutamente determinabili». 5.3. a questo interrogativo la corte di giustizia ha dato risposta con la sentenza del 29 luglio 2024, nella causa c-713/22, nella quale ha sancito che «l'art. 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891/cee del consiglio, del 17 dicembre 1982, basata sull'art. 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato [cee] e relativa alle scissioni delle società per azioni, deve essere interpretato nel senso che: la regola della responsabilità solidale delle società beneficiarie enunciata da tale disposizione si applica non soltanto agli elementi di natura determinata del patrimonio passivo non attribuiti in un progetto di scissione, ma anche a quelli di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione di cui trattasi, purché essi derivino da comportamenti della società scissa antecedenti all'operazione di scissione». in particolare, i giudici eurounitari hanno ritenuto che: i) «[…] la nozione di "elementi del patrimonio passivo", ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, esige che i debiti in questione siano, di principio, esistenti. infatti, poiché un progetto di scissione deve contenere la descrizione e la ripartizione esatte degli elementi del patrimonio passivo da trasferire, tali elementi devono essere venuti ad esistenza anteriormente alla scissione in questione. nel caso di costi di bonifica e per danni ambientali, tale requisito implica, dunque, che l'illecito o il fatto generatore di tali danni si sia verificato anteriormente alla scissione, ma non che, a questa data, tali danni siano stati constatati o valutati, o anche che siano stati definiti» (cfr. § 64); ii) «[…] per quanto riguarda gli obiettivi della sesta direttiva 82/891, occorre ricordare che il quinto considerando di quest'ultima menziona, tra tali obiettivi, la tutela degli interessi dei soci e dei terzi. risulta, inoltre, dall'ottavo considerando della citata sesta direttiva che quest'ultima mira altresì a tutelare i creditori e i portatori di altri titoli e precisa che questi devono essere tutelati onde evitare che la realizzazione della scissione in questione li leda. discende, infine, dall'undicesimo considerando della medesima sesta direttiva che quest'ultima mira ad assicurare la certezza del diritto sia nei rapporti fra le società partecipanti alla scissione, sia nei rapporti fra queste ed i terzi nonché tra gli azionisti di tali società. orbene, la nozione di "terzi" utilizzata segnatamente nei considerando quinto e undicesimo della sesta direttiva 82/891 è più ampia di quella, utilizzata nell'ottavo considerando della medesima direttiva, di "creditori, obbligazionisti o no, ed i portatori di altri titoli delle società partecipanti alla scissione", tenendo presente che tali creditori e tali portatori di altri titoli costituiscono l'oggetto di talune misure specifiche di tutela previste, segnatamente, agli articoli 12 e 13 della sesta direttiva sopra citata (v., per analogia, sentenza del 5 marzo 2015, modelo continente hipermercados, c-343/13, eu:c:2015:146, punto 31). occorre dunque considerare che tra i terzi dei quali la sesta direttiva 82/891 mira a tutelare gli interessi rientrano persone che, alla data della scissione di cui trattasi, non sono ancora qualificabili come creditori o portatori di altri titoli, ma che possono essere così qualificate dopo tale scissione in virtù di situazioni sorte prima di quest'ultima, come la commissione di violazioni del diritto dell'ambiente che vengano constatate tramite decisione soltanto dopo la scissione in parola (v., per analogia, sentenza del 5 marzo 2015, modelo continente hipermercados, c-343/13, eu:c:2015:146, punto 32). tale interpretazione della nozione di "terzi", ai sensi della sesta direttiva 82/891, corrobora quella della nozione di "elementi del patrimonio passivo", di cui all'articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della medesima direttiva, nel senso che essa ricomprende anche le passività di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione in questione, ma che derivino da comportamenti antecedenti a tale scissione. qualora non si accogliesse tale interpretazione della nozione di "elementi del patrimonio passivo", di cui all'articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, una scissione potrebbe costituire un mezzo per un'impresa per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti da essa eventualmente commessi, a discapito dello stato membro interessato o di altri eventuali interessati (v., per analogia, sentenza del 5 marzo 2015, modelo continente hipermercados, c-343/13, eu:c:2015:146, punto 33). infatti, sarebbe sufficiente a tal fine che tale impresa procedesse ad un'operazione di scissione prima che siano stati valutati i costi di bonifica e per danni ambientali risultanti da comportamenti antecedenti a tale scissione. orbene, dai considerando menzionati al punto 65 della presente sentenza risulta altresì che la sesta direttiva 82/891 mira per l'appunto ad evitare che un'impresa si sottragga ai propri obblighi nei confronti dei soggetti cointeressati, come i suoi soci, i suoi azionisti, i suoi creditori od anche i terzi riguardati, per effetto della scissione di una società per azioni ricadente sotto il suo controllo. inoltre, occorre rilevare che tale interpretazione non conferisce ai terzi una tutela eccessiva a discapito delle società di nuova costituzione, dato che la seconda frase dell'articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891 permette agli stati membri di limitare la responsabilità solidale di dette società all'importo dell'attivo che è stato ad esse attribuito nel progetto di scissione di cui trattasi» (cfr. §§ 65-70); iii) la nozione di "elementi del patrimonio passivo", desunta dalla sesta direttiva, «mira ad evitare che l'impresa che è all'origine dell'attività inquinante possa sottrarsi ai propri obblighi nei confronti dei soggetti cointeressati per effetto di una scissione di una società per azioni ricadente sotto il suo controllo» (cfr. § 71); iv) «[…] la nozione di "elementi del patrimonio passivo", di cui all'articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, ricomprende non soltanto le passività di natura determinata, ma anche quelle di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione di cui trattasi, risultanti da comportamenti antecedenti a tale scissione. per contro, per quanto riguarda i comportamenti successivi all'operazione di scissione che sono lo sviluppo di comportamenti della società scissa antecedenti a tale operazione, risulta dal punto 64 della presente sentenza che la nozione di "elemento del patrimonio passivo", ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891, ricomprende soltanto i costi di bonifica e per danni ambientali risultanti da comportamenti della società scissa già realizzati alla data di tale scissione. la sesta direttiva 82/891 prevede soltanto un sistema minimo di tutela degli interessi dei terzi, menzionati al punto 67 della presente sentenza, per gli elementi del patrimonio passivo che scaturiscono da comportamenti antecedenti alla scissione in questione (v., per analogia, sentenza del 30 gennaio 2020, i.g.i., c-394/18, eu:c:2020:56, punti 67 e 74). pertanto, la questione se dei comportamenti successivi a tale scissione, che siano però lo sviluppo di comportamenti antecedenti della società scissa, possano essere imputati a tale società, con la conseguenza che l'obbligo di risarcire i danni così cagionati, in quanto elementi del patrimonio passivo, verrà trasferito alle società beneficiarie secondo le modalità definite dalla sesta direttiva 82/891, deve essere risolta sulla base del diritto nazionale (v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2017, túrkevei tejtermelő kft., c-129/16, eu:c:2017:547, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata)» (cfr. §§ 72-74). 5.4. orbene, alla luce della riportata pronuncia della corte di giustizia, la descritta soluzione di diritto interno prospettata nell'ordinanza interlocutoria n. 32365/2022 - che questo collegio, condividendola, intende, ove necessario, ribadire - non trova ostacolo nella disciplina eurounitaria, tanto più che, come osservato dalla menzionata corte, la sesta direttiva è una direttiva di armonizzazione minima, non precludendo agli stati membri di istituire strumenti ulteriori di tutela dei creditori. nella specie, dunque, deve trovare applicazione la normativa nazionale, secondo l'interpretazione offertane dalla citata ordinanza interlocutoria, che prevede non solo la responsabilità della società beneficiaria per le condotte antecedenti alla scissione, ma anche per le conseguenze successive che ne siano sviluppo. ciò anche perché la disciplina in materia di scissione tende a garantire l'esigenza di fondo di piena neutralità dell'operazione rispetto alla posizione dei creditori ed altresì dei "cointeressati", secondo l'esegesi del termine proposta dalla pronuncia sopra menzionata del giudice eurounitario. invero, come si è già detto richiamandosi, in parte qua, l'ordinanza interlocutoria che ha sollevato la questione pregiudiziale, «in punto di fatto, è stato accertato dalla corte di appello … che esiste un nesso di causalità tra l'attività svolta da gamma e dalle società a essa nel tempo riferibili e l'inquinamento delle aree di cui è causa», ragione per cui quel provvedimento, «in base alla norma di diritto interno», ha inteso fornire risposta «negativa in ordine alla presunta necessità di distinguere, anche ai fini della responsabilità solidale, i debiti dagli elementi del passivo col fine di intendere la norma stessa come tesa a riferire la solidarietà della beneficiaria solo al passivo già determinato prima della operazione di scissione»: ciò in ragione del fatto che «il carattere permanente dell'illecito … suppone che anteriori alla scissione debbano essere semplicemente i fatti generatori delle conseguenze dannose poi accertate». in altri termini, «quel che resta decisivo, ai fini della norma interna, è che dal giudice di merito è stata accertata, a carico di gamma, l'anteriorità della condotta generativa del danno ambientale come configurata sia dalla legge n. 349 del 1986 che dal dlgs. n. 152 del 2006 (c.d. tua), art. 300 e segg.». si deve concludere, allora, che, nella fattispecie in esame, alla stregua degli accertamenti fattuali descritti dalla corte distrettuale: i) non è più in discussione, in virtù della consulenza tecnica espletata in appello, l'esistenza di un nesso di causalità tra l'attività svolta da gamma e l'inquinamento delle aree di cui è causa, essendo stata accertata la responsabilità della prima, quale proprietaria delle aree e degli stabilimenti e/o quale gestore diretto e capogruppo delle società via via partecipate e acquisite, per un'intensa attività di sfruttamento ambientale protrattasi nei tre siti de quibus con gravissime conseguenze di inquinamento (cfr. pag. 50 della sentenza definitiva n. 3294 del 2021); ii) dopo la scissione avvenuta nel maggio 2003, ma avente effetto dal 2 gennaio 2004, è stata verificata l'inesistenza di fenomeni incrementali dei livelli di inquinamento nei siti di torviscosa e di colleferro, e che, invece, un incremento si è avuto nel sito di brescia. più precisamente, detto incremento è stato ricondotto alla presenza - pur dopo il 2004 - di ulteriori sorgenti di contaminazione (e, in particolare, di mercurio) attive fino ad oggi. sorgenti di contaminazione che, tuttavia, pur sempre evocano il nesso causale con la condotta illecita di gamma anteriore alla scissione, essendo dovute all'incuria della gestione attuale e passata dell'ex area produttiva, legata ad attività precedenti al 2004 (cfr., amplius, pag. 48-49 della medesima sentenza); iii) i debiti che alfa plc ritiene essere successivi alla scissione, sono, in realtà, il risultato dell'inevitabile aggravamento del disastro ambientale post scissione per non avere gamma provveduto ad adempiere gli obblighi di bonifica, anche a causa dello spostamento di risorse di cui ha beneficiato beta spa (oggi alfa plc); iv) l'assunto della odierna ricorrente principale secondo cui sarebbero stati illegittimamente ascritti alla beta spa (oggi alfa plc), quale beneficiaria della scissione, anche gli aggravamenti del danno verificatisi dopo la scissione, non merita seguito, atteso che, come già chiarito, del tutto condivisibilmente, nell'ordinanza interlocutoria n. 32365/2022 pronunciata da questa corte, «il carattere permanente dell'illecito suppone che anteriori alla scissione debbano essere semplicemente i fatti generatori delle conseguenze dannose poi accertate». alteris verbis, è certo che le attività industriali che hanno causato i danni ambientali nei tre siti interessati iniziarono molto prima del 13 maggio 2003, data di adozione del progetto di scissione, e del 2 gennaio 2004, data di efficacia della scissione medesima, e dipesero tutte da decisioni di gamma, sia quale gestore diretto delle attività, sia quale capogruppo delle società che svolsero le attività stesse. la responsabilità di gamma per le attività dannose in questione dipende, inoltre, dal fatto che quest'ultima, anteriormente al 13 maggio 2003 ed al 2 gennaio 2004, era proprietaria, o comunque aveva la disponibilità tramite società satelliti, dei siti nei quali le attività inquinanti si svolsero. tali attività cessarono in misura pressoché integrale anteriorm

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