
Non compete la detrazione iva nel caso di attività preparatorie relative ad operazione esenti
Ordinanza sul ricorso iscritto al n. 545/2024 r.g. proposto da xxx s.p.a. in liquidazione in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, come da procura speciale in atti dall'avv. [omissis] - ricorrente - contro agenzia delle entrate rappresentata e difesa come per legge dall'avvocatura generale dello stato ([omissis]) - controricorrente - per la cassazione della sentenza della commissione tributaria regionale della lombardia n. 1793/11/2023 depositata in data 25/05/2023; udita la relazione della causa svolta nell'adunanza camerale del 15.5.2025 dal consigliere [omissis]. rilevato che: - la società contribuente impugnava il diniego di rimborso iva per il periodo d'imposta 2020 per complessivi € 235.132,00; - la ctp accoglieva il ricorso; appellava l'ufficio; - con la sentenza qui gravata la cgt di secondo grado ha accolto l'appello e quindi in riforma della pronuncia di primo grado confermato il provvedimento di diniego di rimborso iva per l'annualità 2020, in quanto "le attività oggetto della alfa s.p.a. sono tutte attività esenti iva: collocamento senza impegno irrevocabile nei confronti dell'emittente, gestione di portafogli, ricezione e trasmissione di ordini, consulenza in materia di investimenti"; secondo la pronuncia impugnata "nel caso di specie, trattandosi di società che, anche se non è mai stata operativa, avrebbe comunque operato in attività esenti da imposta non sarebbe potuto sorgere il diritto alla detrazione e, quindi, conseguentemente non può esserci un diritto al rimborso dell'iva"; - ricorre alfa s.p.a. con atto affidato a tre motivi di doglianza; - resiste con controricorso l'agenzia delle entrate. considerato che: - il primo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 30 comma 2 e 38 del dpr n. 633 del 1972 e dell'art. 168 della direttiva n. 2006/112/ce in relazione all' art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. per avere la pronuncia di secondo grado violato le disposizioni ridette perché, ai fini della possibilità di riconoscere la detraibilità (e quindi la rimborsabilità) dell'iva assolta sugli oneri sostenuti nel periodo precedente l'inizio di una attività imprenditoriale - secondo la prospettazione della ricorrente - è irrilevante che la stessa non sia mai iniziata o che questa potesse dar luogo o meno ad operazioni soggette all'imposta, essendo a tal fine decisivo solo l'apprezzamento circa l'effettiva inerenza dei medesimi alle finalità organizzative di tale attività (che costituisce, invero, un profilo del tutto estraneo alla presente vicenda; - in via subordinata è poi proposto il secondo motivo di ricorso con il quale si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione delle medesime disposizioni sopra richiamate, articolando la censura con riferimento al principio di non contestazione di cui all'art. 115 c.p.c., per non avere la sentenza di appello, apprezzato il carattere incontroverso dell'afferenza dei costi di cui trattasi all'esercizio della programmata impresa della contribuente, mancando erroneamente di statuire per la spettanza del diritto al rimborso iva per l'annualità 2020 oggetto di causa; la difforme statuizione confligge, quindi, con le disposizioni qui applicabili alla luce del fatto - secondo la parte ricorrente - che riguardo al 2019 il rimborso era stato riconosciuto come dovuto dall'ufficio medesimo all'esito di una attività istruttoria che non aveva fatto emergere alcun profilo che potesse non far ritenere integrato il relativo diritto da parte della società, tant'è che le relative somme le erano state regolarmente accreditate; - le censure, ancorché articolate la seconda in subordina alla prima, ruotano tutte attorno alla stessa problematica concernente la detraibilità dell'iva sulle c.d. operazioni preparatorie - vale a dire gli acquisti posti in essere dall'impresa anteriormente all'inizio dell'attività imprenditoriale - nel caso in cui le operazioni attive costituiscano operazioni esenti, alla luce della natura delle attività di impresa e indipendentemente dal loro effettivo svolgimento per non essere nel concreto l'attività stessa iniziata; - le stesse sono infondate; - sul punto, questa corte ha di recente precisato (in termini cass. n. 4931/2025) che, ai sensi del dpr n. 633 del 1972, art. 19 ed in conformità all'art. 17 della 6^ direttiva (come interpretato dalla giurisprudenza della corte di giustizia), non è ammessa la detrazione dell'imposta pagata "a monte" per l'acquisto o l'importazione di beni, o per conseguire la prestazione di servizi afferenti al successivo compimento di operazioni esenti o comunque non soggette ad imposta, atteso che, in base alla normativa citata, ai fini della detrazione non è sufficiente che le dette operazioni attengano all'oggetto dell'impresa (principio di inerenza), essendo necessario un quid pluris, cioè che esse siano, a loro volta, assoggettabili all'iva (si vedano cass. nn. 10491/2003, 8959/2003, 26290/2005, 4419/2003, 6352/2002); - ne deriva l'ulteriore corollario che l'esercizio esclusivo di operazioni "esenti" da parte di un imprenditore comporta la totale indetraibilità dell'imposta assolta sugli acquisti, in quanto, a sensi del dpr n. 633 del 1972, art. 19, comma 3 la riduzione proporzionale della detrazione dell'imposta assolta sugli acquisti (c.d. "pro-rata") non è limitata all'ipotesi in cui l'impresa compia congiuntamente operazioni esenti e non esenti, ma è applicabile (in tal caso la riduzione della detrazione operando al 100%) anche quando l'impresa compia esclusivamente operazioni esenti (cass. nn. 14315/2003 e 7501/2001); - è stato altresì chiarito che ciò che determina il regime fiscale, ai fini dell'iva, è l'attività nella quale sono destinati ad essere impiegati i beni acquistati. se tale attività è esente, non rileva il fatto che per un certo periodo l'attività stessa non venga esercitata poiché anche se essa fosse esercitata comunque la detrazione non spetterebbe; - questo indirizzo consolidato ha dunque da sempre negato, sulla scorta dei principi affermati dalla corte di giustizia, la sussistenza di una piena simmetria tra obbligo del pagamento dell'imposta per il fatto che la stessa è stata addebitata in fattura e diritto alla detrazione limitando quest'ultimo alle sole imposte dovute (cass n. 7209/2015; cass n. 18219/2007; n. 26290/2005; da ultimo cass. n. 4301 del 2022 che le richiama in motivazione). non può quindi dubitarsi della conformità al diritto comunitario del dpr n. 633 del 1972, art. 19, comma 2, laddove nega il diritto alla detrazione dell'iva assolta per l'acquisto di beni afferenti ad operazioni esenti; - anche l'indetraibilità dell'iva su operazioni esenti - oltre che sugli acquisti di beni o di servizi ad esse destinati - è del tutto conforme al diritto comunitario, ed in particolare alla previsione di cui all'art. 17 della 6 direttiva n. 388/77, avendo la stessa corte di giustizia affermato che, ai sensi della disposizione suindicata, il diritto alla detrazione dell'iva riguarda soltanto i beni ed i servizi che vengono utilizzati ai fini delle operazioni del soggetto passivo assoggettate ad imposizione, dal momento che il sistema comune dell'iva persegue l'obbiettivo della perfetta neutralità fiscale di tutte le attività economiche, quali che siano le loro finalità o i loro risultati, alla sola condizione che esse siano assoggettate, in linea di principio, all'imposizione ai fini iva (c. giust. 22.2.2001, abbey national, c-408/98; c. giust. 29.10.2009, ncc construction danmark, c-174/08; conf., cass. nn. 26290/2005 e 18219/2007). pertanto, ove beni o servizi acquistati da un soggetto passivo vengano impiegati ai fini di operazioni esenti, non può esservi né riscossione dell'imposta a valle, né detrazione dell'imposta a monte (cfr. c. ud. 16.10.2014 n. 24137/10 r.g. giust.14.9.2006, wollny, c-72/05; c. giust. 18.12.2008, royal bank of scotland, c-488/07; c. giust. 12.2.2009, vereniging noordelijke land, c-515/07; c. giust. 13.12.2012, c-560/11, dibiasi; v. da ultimo, cass. sez. 5, n. 19112 del 2022); - in sintesi, va quindi ribadito il principio secondo il quale anche ove le operazioni passive in contestazione siano del tutto effettive e inerenti all'oggetto sociale dell'impresa - aspetto questo incontroverso - il diritto alla detrazione dell'iva riguarda soltanto i beni ed i servizi utilizzati ai fini delle operazioni del soggetto passivo assoggettate ad imposizione (in termini anche cass. n. 21618/2023); - correttamente, la sentenza impugnata si è adeguata ai suddetti principi e ha ritenuto indetraibile l'iva in oggetto relativa ad operazioni passive afferenti ad operazioni attive che sia pur se non poste in essere, avrebbero - per la natura dell'attività d'impresa in concreto esercitata dalla società contribuente - costituito operazioni esenti della società; - di qui l'infondatezza dei primi due motivi di impugnazione; - ancora in via di ulteriore subordine è proposto il terzo motivo di doglianza con il quale la società ricorrente denuncia la erroneità della sentenza impugnata ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. per aver mancato di esaminare quale fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti intervenuto rimborso riconosciuto alla contribuente per la precedente annualità in presenza di non contestate - ex art. 115 c.p.c. - identiche condizioni sostanziali; - secondo alfa s.p.a. non era qui contestato il fatto che non tutte le operazioni in fieri sarebbero state esenti, ma solo una parte (quelle prevalenti) di queste. il che - di qui la decisività del fatto, la cui omessa considerazione viene censurata - avrebbe conseguentemente imposto agli stessi giudici di stabilire come andava apprezzata tale prevalenza, dal momento che l'art. 19, comma 5 del dpr n. 633 del 1972 stabilisce che "ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ..., il diritto alla detrazione dell'imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni"; - nella prospettazione della ricorrente società, avendo i medesimi considerato indetraibile (e quindi) non rimborsabile l'intera imposta (e non quella afferente le operazioni attive esenti che in via prevalente la società avrebbe posto in essere) hanno assunto una decisione in aperta violazione di tale norma e del principio di neutralità dell'imposta di cui la medesima risulta espressione. - il motivo è inammissibile; - esso cozza contro l'accertamento in fatto operato dalla sentenza impugnata secondo la quale "le attività oggetto della alfa s.p.a. sono tutte attività esenti iva: collocamento senza impegno irrevocabile nei confronti dell'emittente, gestione di portafogli, ricezione e trasmissione di ordini, consulenza in materia di investimenti"; secondo la pronuncia impugnata "nel caso di specie, trattandosi di società che, anche se non è mai stata operativa, avrebbe comunque operato in attività esenti da imposta non sarebbe potuto sorgere il diritto alla detrazione e, quindi, conseguentemente non può esserci un diritto al rimborso dell'iva"; - tale avvenuto accertamento in fatto, in ordine alla natura esente dell'intero complesso delle operazioni attive che la società contribuente aveva in programma di svolgere, preclude ogni alternativa ricostruzione dei fatti di causa alle quali tende la censura, che risulta pertanto inammissibile; - in conclusione, il ricorso va rigettato; - le spese processuali seguono la soccombenza; p.q.m. rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali a favore della parte controricorrente che liquida in euro 5.800,00, oltre a spese prenotate a debito. ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del dpr n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.

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