Ai fini dell'art. 2. dl n. 201/2011, il contribuente ha diritto al rimborso, nei limiti stabiliti da tale norma, non solo in caso di effettivo versamento di somme a titolo di irap, ma altresì ove egli abbia invece a suo tempo estinto il relativo debito mediante compensazione, non facendo l'art. 99 tuir, alcun riferimento al presupposto del "versamento" sibbene a quello del "pagamento".

Ordinanza sul ricorso proposto da: agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall'avvocatura generale dello stato; - ricorrente - contro alfa n.v., sedente in amsterdam e con sede secondaria in torino, in persona del legale rappresentante, con avv. [omissis]; - controricorrente - avverso la sentenza della ctr del piemonte, n. 1046/19, depositata il 7 ottobre 2019. udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 marzo 2025 dal consigliere [omissis]. rilevato che 1. la contribuente (o meglio la gamma s.p.a., poi incorporata) presentava istanza di rimborso a seguito del riconoscimento in virtù dell'art. 2, comma 1, dl n. 201/2011, del diritto alla deduzione dall'ires delle somme pagate a titolo di irap relative alle spese per personale dipendente. il rimborso era determinato calcolando non solo le somme effettivamente erogate nel 2008 quale saldo irap 2007, ma altresì quelle oggetto di compensazione con credito vantato per ricerca e sviluppo di cui all'art. 1, l. n. 296/2006, per € 1.100.000,00. l'agenzia delle entrate disconosceva parte delle somme vantate ritenendo che il diritto alla deduzione irap sussisterebbe solo per gli importi versati a titolo di irap (€ 507.992,00), e non per le somme "pagate" a mezzo della compensazione suddetta. la ctp accoglieva il ricorso tendente ad ottenere l'integrale rimborso come richiesto, ritenendo che la disciplina facesse riferimento alle somme pagate e non solo a quelle materialmente versate. la c.t.r., adìta dall'agenzia in sede d'appello, sempre sull'equiparazione del pagamento con la compensazione, confermava la sentenza di primo grado. ricorre l'agenzia dell'entrate in cassazione affidandosi a un unico motivo, mentre la contribuente resiste a mezzo di controricorso. considerato che 1.con l'unico motivo di ricorso si deduce "violazione e falsa applicazione degli artt. 99 tuir, 8 l. n. 212/2000, 6 dl n. 185/2008 e 2, dl n. 201/2011, laddove la sentenza d'appello ha stabilito la suddetta equiparazione tra pagamento e versamento con la compensazione, con ciò - a parere dell'agenzia, finendo per concedere un doppio beneficio, violando la lettera della disposizione. 1.1. il motivo è infondato. È assolutamente pacifico che la compensazione costituisce un mezzo di estinzione delle obbligazioni, e l'agenzia delle entrate, nelle proprie difese, non contesta affatto il ricorrere dei presupposti per la compensazione nella specie, limitandosi a sostenere che la possibilità del rimborso irap nei termini e per le norme che si sono descritti sarebbe ricollegabile solo a versamenti materiali di somme, a mezzo di f24, come deriverebbe dalla lettera della norma e dal provvedimento applicativo reso in data 17.12.2012 dal direttore dell'agenzia stessa, il tutto anche al fine di scongiurare la fruizione di un doppio beneficio da parte della contribuente. la norma invocata così dispone "a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2012 è ammesso in deduzione ai sensi dell'articolo 99, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del presidente della repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, un importo pari all'imposta regionale sulle attività produttive determinata ai sensi degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti ai sensi dell'articolo 11, commi 1, lettera a), 1-bis, 4-bis, 4-bis1 e 4-octies, del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997". a sua volta l'art. 99, comma 1, tuir, stabilisce che "le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. le altre imposte sono deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento". come si vede la normazione primaria non fa alcun riferimento al "versamento", ma semmai al "pagamento", pertanto con piena compatibilità con la compensazione. d'altronde questa corte ha già affermato che gli oneri deducibili (in quel caso si trattava di quelli previsti dall'art. 10 tuir) "non cessano di esser tali per il fatto di essere stati sostenuti in forma diversa dal pagamento di una somma di denaro, ed in particolare attraverso la compensazione del relativo debito con un credito del contribuente, fermo restando l'onere, posto a carico di quest'ultimo, di fornire la prova dell'entità dell'onere deducibile, sia con riguardo alla prestazione dedotta, sia con riguardo all'effettiva sussistenza, all'ammontare ed all'eventuale imponibilità del credito sacrificato per effetto della compensazione, e senza che assuma alcun rilievo la prova del mancato esborso di denaro" (cass. n. 712/2007). la necessità del materiale versamento risulta indicata solo nel riferito atto di normazione attuativa direttoriale, ovviamente non idoneo a derogare al disposto della norma, mentre va escluso che l'utilizzo dell'istituto della compensazione possa comportare la fruizione impropria di un doppio beneficio, visto che il credito compensato non era contestato e a fronte del suo utilizzo il contribuente non ha più a disposizione il titolo vantato verso l'amministrazione, la cui obbligazione così si estingue. va dunque affermato il seguente principio di diritto: "ai fini dell'art. 2. dl n. 201/2011, il contribuente ha diritto al rimborso, nei limiti stabiliti da tale norma, non solo in caso di effettivo versamento di somme a titolo di irap, ma altresì ove egli abbia invece a suo tempo estinto il relativo debito mediante compensazione, non facendo l'art. 99 tuir, alcun riferimento al presupposto del "versamento" sibbene a quello del "pagamento". 2. il ricorso dev'essere allora rigettato, con aggravio di spese in capo all'amministrazione soccombente. p.q.m. la corte respinge il ricorso. condanna l'agenzia delle entrate al pagamento delle spese di lite che liquida in € 5.600,00 oltre rimborso forfetario nel 15% dell'onorario, i.v.a. e c.p.a. se dovute, ed oltre ad esborsi per € 200,00.  

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