In tema di reddito d'impresa, l'abitualità dell'attività di vendita online in considerazione dell'elevato numero di transazioni effettuate in più anni d'imposta, conferma l'esercizio delle attività di cui all'art. 2195 c.c., che determina sempre la sussistenza di un'impresa, indipendentemente dall'assetto organizzativo scelto. con riferimento alla qualificazione del soggetto come imprenditore, la legislazione fiscale e quella civilistica non sono coincidenti: l'art. 2082 c.c. considera imprenditore chi svolge un'attività economica organizzata in modo professionale, mentre l'art. 55 tuir non richiede il requisito dell'organizzazione, ma la mera professione abituale delle attività di cui all'art. 2195 c.c., anche non svolta in modo esclusivo. pertanto, la nozione civilistica e quella tributaristica di imprenditore commerciale divergano per un aspetto essenziale, ossia quello della necessità dell'organizzazione, essendo tale requisito indispensabile per il diritto civile, non indispensabile per quello tributario, ai fini del quale è sufficiente la professionalità abituale dell'attività economica, anche senza l'esclusività della stessa. inoltre, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma dell'art. 32, comma 1 n. 2, del dpr n.600/1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come è reso palese dal richiamo, operato dagli articoli 32 e 38 del medesimo dpr, riguardante l'accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche (attinente ad ogni tipologia di reddito di cui esse siano titolari).

sentenza testo:fatti di causa 1. in controversia avente ad oggetto l'accertamento induttivo, ex  art. 39 , comma 2, del d.p.r. n. 600 del 1973 , di redditi di impresa che l'agenzia delle entrate, sulla scorta delle verifiche condotte anche sui conti correnti intestati al contribuente xx, imputava a quest'ultimo per le numerose vendite di scarpe effettuate negli anni d'imposta 2008 e 2009 su un portale di vendite on-line, la ctp (ora corte di giustizia tributaria di primo grado) di firenze, riuniti i separati ricorsi proposti dal contribuente, li accoglieva annullando i due avvisi di accertamento. 2. la sentenza veniva impugnata in via principale dall'amministrazione finanziaria ed in via incidentale dal contribuente. la ctr (ora corte di giustizia tributaria di secondo grado) della toscana con la sentenza impugnata accoglieva l'appello principale e rigettava quello incidentale. 3. sostenevano i giudici di appello che i redditi accertati e non dichiarati dal contribuente dovevano considerarsi redditi d'impresa e non redditi diversi, come invece ritenuto dai giudici di primo grado, e ciò in ragione dell'elevato numero delle transazioni commerciali (n. 1211 nell'anno 2008 e n. 418 nel 2009), le quali davano contezza dell'abitualità dell'attività esercitata dal contribuente, che era elemento sintomatico, secondo la nozione tributaristica, dello svolgimento di un'attività di impresa. 4. quanto all'appello incidentale, la ctr sosteneva che quello indicato come primo motivo era "in realtà solo una digressione sul funzionamento delle aste on line di e-bay alla quale deve essere negata la valenza di motivo di impugnazione; che la mancata allegazione del "tabulato e-bay", ovvero del prospetto delle transazioni effettuate, agli avvisi di accertamento non incideva sulla legittimità degli stessi in quanto "il contribuente aveva già integrale e legale conoscenza di tutte le transazioni da (lui) stesso perfezionate su e-bay"; che l'amministrazione finanziaria si era avvalsa della presunzione di cui all' art. 51 , comma 2, del d.p.r. n. 633 del 1972 "al fine di quantificare le operazioni imponibili non dichiarate" e che, pertanto, erano irrilevanti le contestazioni mosse alle modalità di calcolo dei ricavi; che, quanto all'omesso espletamento del contraddittorio endoprocedimentale, previsto esclusivamente per i tributi armonizzati, il contribuente non aveva assolto all'onere di fornire la cd. prova di resistenza mentre era infondata la doglianza proposta con riferimento alla violazione del comma 7 dell' art. 12 della legge n. 212 del 2000 . 5. avverso la sentenza d'appello il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a sette motivi, poi illustrato con memoria, cui replica l'intimata con controricorso. ragioni della decisione 1. con il primo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell'  art. 360 , primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della legge n. 212 del 2000 , 42, comma 2, del d.p.r. n. 600 del 1973 e 56, comma 5, del d.p.r. n. 633 del 1972 . 1.1. deduce il ricorrente che "sul tema della motivazione accertativa, la ctr ha violato il "diritto vivente" perché, al momento dell'emissione, gli atti amministrativi non riportavano le informazioni indispensabili per individuare l'attività concretamente svolta dal a.a., oltre a non descrivere i requisiti di professionalità ed abitualità occorrenti per tassare come "reddito d'impresa" le presunte vendite virtuali realizzate dallo stesso contribuente sul sito online gestito dalla società e-bay. ad ogni modo, il "tabulato" confezionato dalla società e-bay non è mai stato allegato agli avvisi di accertamento, né l'agenzia ha localizzato il tempo e la sede in cui la prova esterna è stata messa a disposizione del a.a.", cui ha impedito di esercitare pienamente il diritto di difesa. 2. il motivo, diversamente da quanto sostenuto dalla controricorrente, non è inammissibile perché volto ad ottenere una rivalutazione dei fatti non consentita al giudice di legittimità, ma deduce correttamente un error in iudicando, circa la corretta applicazione dei giudici di appello delle disposizioni normative e dei principi giurisprudenziali in materia di motivazione degli atti impositivi, anche per relationem, e non è inammissibile per difetto di interesse ex art. 100 cod. proc. civ. perché, per stessa ammissione della controricorrente, la parte ha interesse alla pronuncia sul motivo almeno "nella parte in cui il numero (e non l'entità) delle transazioni attestano una attività imprenditoriale che giustifica l'applicazione delle presunzioni" in materia di accertamenti bancari, "anche per quanto attiene ai prelevamenti" (controricorso, pag. 5). 3. il motivo è comunque infondato in entrambe le sue censure. 3.1. con riferimento alla motivazione degli avvisi di accertamento impugnati è principio costantemente affermato da questa corte quello secondo cui "l'avviso di accertamento soddisfa l'obbligo di motivazione quando pone il contribuente nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva, individuata nel "petitum" e nella "causa petendi", mediante una fedele e chiara ricostruzione degli elementi costitutivi dell'obbligazione tributaria, anche quanto agli elementi di fatto ed istruttori posti a fondamento dell'atto impositivo, in ragione della necessaria trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione, in vista di un immediato controllo della stessa" ( cass. n. 30039 del 21/11/2018 , rv. 651552 - 01). 3.2. in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l'indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ente impositore nell'eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell'atto le questioni riguardanti l'effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (cfr. cass., sez. 5, ordinanza n. 26431 del 08/11/2017 , rv. 646218, in tema di imposta comunale sugli immobili; v. inoltre cass. n. 9323 del 2017 ; cass. n. 4396 del 2018 ; cass. n. 24417 del 2018 ; cass. n. 28375 del 2018 e cass. n. 15309 del 2021 e n. 25906 del 2022 , non massimate). 3.3. a ciò aggiungasi che l'obbligo di motivazione degli atti impositivi, sancito dall'art. 7 del cd. statuto del contribuente, che nella versione applicabile ratione temporis, stabiliva, al primo comma, prima parte, che "gli atti dell'amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall' articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 , concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione" deve essere interpretato avendo riguardo ai canoni di leale collaborazione e buona fede, espressi dal successivo art. 10, la cui portata deve essere ricostruita alla luce dei principi di solidarietà economica e sociale e di ragionevolezza, rispettivamente espressi dagli artt. 2 e 3 cost., che deve reciprocamente ispirare i rapporti fra pubblica amministrazione e cittadino anche nei rapporti tributari ( cass. 17 gennaio 2018, n. 1009 ), atteso che la parte del rapporto tributario, sia essa il contribuente o la pubblica amministrazione, non può lamentare violazioni formali che non abbiano inciso realmente in negativo sulla sua sfera giuridica (cfr. cass., sez. 5, sentenza n. 11052 del 09/05/2018 , rv. 648361; conf. cass. n. 26360 del 2022 , in motivazione). 3.4. sulla scorta di tali principi deve concludersi che gli avvisi di accertamento impugnati erano congruamente motivati in quanto negli stessi veniva molto chiaramente specificato che al contribuente si attribuiva lo svolgimento di un'attività di impresa per il "significativo numero di transazioni" effettuate nel corso degli anni oggetto di accertamento, che, come "pluralità di atti economici posti in essere in modo abituale e continuativo, ed oggettivamente non episodici e/o eventuali visto anche il loro reiterarsi negli anni", erano idonee a "ricondurre i proventi derivanti da tale attività di vendita on-line nella categoria del reddito d'impresa". peraltro, a conforto di tali argomentazioni e a corroborare la pretesa avanzata con gli atti impositivi, l'amministrazione finanziaria corredava tali atti con "l'elenco dei feed-back ricevuti dal contribuente per le vendite on-line sul portale e-bay effettuate nell'anno 2008", dando altresì atto (per come affermato dallo stesso ricorrente a pag. 14 del ricorso, che trascrive parte della motivazione degli atti impositivi), che il "contenuto essenziale (numero di transazioni e valore) (era) stato riassunto nel prospetto delle transazioni... già portato a conoscenza del contribuente con questionario n. q00188/2010". 3.5. in sintesi, nessun tipo di censura può muoversi al contenuto motivazionale degli avvisi di accertamento in punto di attribuzione al contribuente di redditi d'impresa, restando affidate all'eventuale successivo accertamento giudiziale le questioni che il ricorrente erroneamente ritiene dover essere esplicitate negli atti impositivi (ovvero, "gli elementi caratteristici del sistema e-bay", ovvero, l'account utilizzato per operare professionalmente ed abitualmente sul portale e-bay; quanti e quali aste on-line aveva aperto a.a.; quante aste virtuali si erano trasformate in vere e proprie vendite di scarpe, chi erano i vincitori delle aste che avevano successivamente concluso gli acquisti e pagato al a.a. il prezzo delle scarpe). 4. ad analoga conclusione deve pervenirsi quanto all'ulteriore censura mossa nel motivo in esame agli atti impositivi perché motivati per relationem ad un "tabulato" predisposto dalla società titolare del portale di vendite on-line ma non ad essi allegato. 4.1. il motivo è manifestamente infondato 4.2. in materia di motivazione per relationem degli atti di imposizione tributaria, l'orientamento di legittimità è consolidato nell'ammettere la validità di un atto impositivo motivato in tal modo, ovvero tramite il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all'atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale - per tale dovendosi intendere l'insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell'atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente (ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale) di individuare i luoghi specifici dell'atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento - o, ancora, che gli atti richiamati siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notificazione ( cass. n. 6914 del 2011 ; cass., n. 13110 del 2012 ; cass. n. 4176 del 2019 ; cass., n. 29968 del 2019 ; cass. n. 593 del 2021 ; cass. n. 33327 del 2023 ; cass. n. 8016 del 2024 ). 4.3. in tale ultima pronuncia è stato ricordato che l'onere di allegazione si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza ( cass. n. 15327 del 2014 ; cass. n. 29968 del 2019 ) e che, al fine di soddisfare il requisito della motivazione dell'accertamento, è sufficiente che l'atto esterno, richiamato da quello impositivo, sia, se non effettivamente conosciuto, quanto meno conoscibile dal contribuente destinatario dell'avviso. ciò vale non solo per gli atti già oggetto dì precedente notificazione al contribuente ( cass. n. 13110 del 2012 ), o sottoposti a pubblicità legale ( cass. n. 27055 del 2014 , in motivazione), ma anche per atti che si possano presumere, solo iuris tantum, conosciuti dal destinatario dell'accertamento ( cass. n. 26527 del 2014 ; cass. n. 24254 del 2015 ; cass. n. 27628 del 2018 ) e siano, quantomeno, agevolmente conoscibili ( cass. n. 593 del 2021 ; cass. n. 32127 del 2018 ; cass. n. 14275 del 2018 ; cass. n. 28060 del 2017 ; cass. n. 12312 del 2017 ). questa interpretazione, secondo cui non è nullo l'accertamento la cui motivazione fa riferimento ad un altro atto ad esso non allegato, ma conoscibile agevolmente dal contribuente, realizza un adeguato bilanciamento tra le esigenze di economia dell'azione amministrativa (e quindi di buon andamento dell'amministrazione, ex art. 97 cost.) - che giustificano l'ammissibilità, anche normativa, della motivazione per relationem (cfr. cass. n. 1906 del 2008 , in motivazione) - ed il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente (rilevante ex artt. 24 e 111 cost.) nel giudizio di impugnazione dell'atto impositivo, che sarebbe illegittimamente compresso se la conoscibilità dell'atto esterno richiamato dalla motivazione non fosse agevole, ma richiedesse un'attività di ricerca complessa ( cass. n. 593 del 2021 ). 4.4. orbene, sulla scorta di questi principi deve concludersi che la mancata allegazione agli avvisi di accertamento del tabulato acquisito dall'amministrazione finanziaria dalla società titolare del portale di vendite on-line non inficia in alcun modo la motivazione dell'avviso, sia perché, per quanto detto al precedente paragrafo 3.4., il numero delle transazioni ed il loro valore era stato riassunto in un prospetto portato a conoscenza del contribuente con il questionario, precisandosi al riguardo che, tenuto conto del fatto che la ripresa fiscale era fondata su movimentazioni bancarie non giustificate, nessuna rilevanza poteva assumere l'individuazione dei "partecipanti alle aste on-line, (de)i venditori e (de)gli acquirenti oltre che (del) prezzo dei singoli beni" (così a pag. 21 del ricorso), ammesso peraltro che tali indicazioni fossero contenute nel predetto tabulato. 5. con il secondo motivo viene dedotta, ai sensi dell' art. 360 , primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2727 cod. civ., 6 e 55 del tuir, 1 e 4 del d.p.r. n. 633 del 1972 e 2 del d.lgs. n. 446 del 1997 . 5.1. "in primo luogo, si denuncia l'errore giuridico commesso dalla ctr nel ritenere irrilevante fiscalmente il requisito dell'autonoma organizzazione, poiché l' art. 2 del d.lgs. n. 446/1997 lo richiede per applicare l'i.r.a.p. agli imprenditori individuali. quanto, poi, all'an debeatur, la sentenza ha falsamente applicato le norme sopra rubricate sussumendo il caso concreto nelle fattispecie normative disciplinanti gli imprenditori pur in assenza della prova dei requisiti tipici consistenti nello svolgimento di un'attività commerciale con "professionalità abituale". gli indizi allegati dall'agenzia sono incerti ed incongruenti, come tali incapaci di fondare il ragionamento presuntivo; comunque, è pacifico che nel caso concreto non vi fossero circostanze formali ed estrinseche per qualificare il a.a. come un imprenditore commerciale operante virtualmente con professionalità ed abitualità nel settore delle aste e-bay. la decisione è illegittima vista la natura incerta e valutativa dei fatti indicati negli atti tributari, come tali essi non legittimano il ragionamento deduttivo descritto negli accertamenti. nel caso di specie è indimostrata la soggettività passiva del comparente ai fini dei tributi accertati, oltre all'esercizio abituale e professionale di un'attività commerciale, autonomamente organizzata. l'agenzia ha pretermesso di allegare fatti certi asseveranti l'esistenza di un'impresa gestita dal a.a., la riferibilità a costui dell'utente virtuale "mchencyno", l'abituale svolgimento professionale dell'attività di vendita ed, infine, la quantità di aste online trasformate in vendite produttive dei proventi recuperati a tassazione. È, pertanto, assente la prova, gravante sull'ente impositore, indispensabile per riferire al contribuente le transazioni virtuali comunicate dalla società e-bay". 6. va preliminarmente esaminato il terzo motivo di ricorso con cui viene dedotta, ai sensi dell' art. 360 , primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la "nullità della sentenza per violazione dell' art. 111 , co. 6 cost., degli artt. 36 , co. 2, n. 4) e 61 del d.lgs. n. 546/ 1992 , nonché degli artt. 132 , co. 2, n. 4) c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in combinato disposto con l' art. 1 , co. 2 del d.lgs. n. 546/1992 ". 6.1. "in ordine all'an debeatur, la sentenza contiene una motivazione apparente perché mancano le ragioni per cui sono stati ritenuti certamente provati i requisiti richiesti dalle norme impositrici impiegate dall'agenzia (svolgimento di attività commerciale, professionalità abituale, autonoma organizzazione). È totalmente assente la motivazione anche rispetto agli elementi addotti dal contribuente per interrompere il ragionamento presuntivo, con particolare riguardo alle circostanze desumibili dal funzionamento delle aste online e dalla doppia decisione conforme con cui sono stati annullati gli analoghi accertamenti degli anni 2005/2006/2007. il deficit sussiste anche per il quantum, perché manca l'illustrazione del convincimento impiegato dalla ctr per rigettare le eccezioni proposte dal comparente, con particolare riguardo alla palese difformità tra i proventi indicati dalla società e-bay (trascritti a pagina 3 degli avvisi di accertamento) e la stima induttiva descritta negli atti amministrativi. il collegio avrebbe dovuto motivare specificamente sulle questioni fattuali introdotte dal contribuente, anziché enunciare un convincimento "generico" e "cumulativo" sulla certezza dell'evasione reddituale". 6.2. il motivo è fondato limitatamente alla sussistenza dei requisiti di applicabilità dell'irap non avendo la ctr espresso alcuna motivazione sulla questione che il contribuente aveva introdotto nel giudizio di primo grado e riproposto in grado di appello, come risulta dalle parti degli atti dei due gradi di merito riprodotti nel ricorso in esame. 6.3. È, invece, infondato con riguardo a tutte le altre questioni dedotte nel motivo in esame, in quanto la motivazione della sentenza impugnata si pone ben al di sopra del "minimo costituzionale" di cui all' art. 111 , sesto comma, cost. (cfr. cass., sez. u, n. 8053 del 2014 , nonché, tra le tante: cass., sez. 1, 30 giugno 2020, n. 13248 ; cass., sez. 6-5, 25 marzo 2021, n. 8400 ; cass., sez. 6-5, 7 aprile 2021, n. 9288 ; cass., sez. 5, 13 aprile 2021, n. 9627 ; cass., sez. 6-5, 28829 del 2021 ). 6.4. invero, per come riferito nella parte relativa allo svolgimento del processo, la ctr ha affermato, peraltro correttamente, che i redditi accertati e non dichiarati dal contribuente dovevano considerarsi redditi d'impresa e non redditi diversi, come invece ritenuto dai giudici di primo grado, e ciò in ragione dell'elevato numero delle transazioni commerciali (n. 1211 nell'anno 2008 e n. 418 nel 2009), le quali davano contezza dell'abitualità dell'attività esercitata dal contribuente, che era elemento sintomatico, secondo la nozione tributaristica, dello svolgimento di un'attività di impresa. quanto all'appello incidentale, la ctr ha sostenuto che quello indicato come primo motivo era "in realtà solo una digressione sul funzionamento delle aste on line di e-bay alla quale deve essere negata la valenza di motivo di impugnazione; che la mancata allegazione del "tabulato e-bay", ovvero del prospetto delle transazioni effettuate, agli avvisi di accertamento non incideva sulla legittimità degli stessi in quanto "il contribuente aveva già integrale e legale conoscenza di tutte le transazioni da (lui) stesso perfezionate su e-bay"; che l'amministrazione finanziaria si era avvalsa della presunzione di cui all' art. 51 , comma 2, del d.p.r. n. 633 del 1972 "al fine di quantificare le operazioni imponibili non dichiarate" e che, pertanto, erano irrilevanti le contestazioni mosse alle modalità di calcolo dei ricavi; che, quanto all'omesso espletamento del contraddittorio endoprocedimentale, previsto esclusivamente per i tributi armonizzati, il contribuente non aveva assolto all'onere di fornire la cd. prova di resistenza mentre era infondata la doglianza proposta con riferimento alla violazione del comma 74 dell' art. 12 della legge n. 212 del 2000 . 6.5. in buona sostanza, nel caso in esame la ctr, fatta eccezione per la questione relativa all'irap, ha reso una chiara ed esaustiva esposizione delle ragioni che l'avevano indotta a rigettare le altre censure mosse dalla contribuente alla statuizione di primo grado, esprimendo argomentazioni pienamente intellegibili e logicamente correlate all'oggetto del gravame devoluto. 7. con riferimento al secondo motivo di ricorso, al cui esame deve quindi tornarsi, la statuizione assunta sul terzo motivo con riferimento all'irap assorbe ogni questione ivi dedotta in relazione a tale ripresa a tassazione. 7.1. in ordine alle altre questioni dedotte, il motivo è, invece, inammissibile ed infondato. 7.2. È inammissibile là dove omettere di considerare che l'accertamento fiscale è fondato su una presunzione legale di redditività delle movimentazioni bancarie accertate e non giustificate dal contribuente e propone, quindi, questioni, sull'entità delle somme riprese a tassazione che esulano dal numero e dall'entità delle vendite online. ed è inammissibile anche là dove deduce l'inconferenza dell'elenco dei feed-back relativi all'account denominato "mchencyno" a lui non riferibile, non avendo riprodotto nel ricorso il contenuto di quell'elenco così da consentire a questa corte di valutare la fondatezza della censura. 7.3. il motivo è comunque infondato posto che correttamente i giudici di appello hanno ritenuto che quello svolto dal contribuente andasse considerato reddito d'impresa, valorizzando a tal fine l'abitualità dell'attività di vendita online in considerazione dell'elevato numero di transazioni effettuate in più anni d'imposta, così conformandosi all'orientamento in materia di questa corte secondo cui l'esercizio delle attività di cui all' art. 2195 c.c., se abituale, determina sempre la sussistenza di un'impresa commerciale, indipendentemente dall'assetto organizzativo scelto ( cass. n. 6874 del 2023 ). 7.4. proprio con riferimento alla qualificazione del soggetto come imprenditore, questa corte ( cass. n. 6874 del 2023 , cit.) ha condivisibilmente affermato che "la legislazione fiscale e quella civilistica non sono coincidenti: l' art. 2082 c.c. considera imprenditore chi svolge un'attività economica organizzata in modo professionale, mentre l' art. 55 tuir non richiede il requisito dell'organizzazione, ma la mera professione abituale delle attività di cui all' art. 2195 c.c., anche non svolta in modo esclusivo. È pacifico nella giurisprudenza di questa corte - anche sulla base della normativa e della giurisprudenza unionale in materia di iva - che la nozione civilistica e quella tributaristica di "imprenditore commerciale" divergano per un aspetto essenziale, ossia quello della necessità dell' "organizzazione", essendo tale requisito indispensabile per il diritto civile, non indispensabile per quello tributario, ai fini del quale è sufficiente la 'professionalità abituale" dell'attività economica, anche senza l'"esclusività" della stessa (v. sul piano normativo gli artt. 55 , già 51, tuir , 4, d.p.r. 633/1972 ; nella giurisprudenza di questa corte, sez. 5, sentenza n. 19237 del 07/11/2012; sez. 5, sentenza n. 25777 del 05/12/2014; n. 8982 del 06/04/2017; n. 15021/2020; n. 36502/2022). la giurisprudenza ha in più occasioni ribadito che l' art. 55 del t.u.i.r. intende come tale l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate dall' art. 2195 c.c., anche se non organizzate in forma d'impresa, e prescinde quindi dal requisito organizzativo che costituisce, invece, elemento qualificante e imprescindibile per la configurazione dell'impresa commerciale agli effetti civilistici, esigendo soltanto che l'attività svolta sia caratterizzata dalla professionalità abituale ancorché non esclusiva (da ultimo cass. n. 36992 del 2022 ; cass. 20 dicembre 2006, n 27211 )". 7.5. in ogni caso, il motivo è infondato anche alla stregua del principio giurisprudenziale secondo cui la disciplina relativa agli accertamenti bancari non è limitata ai soli soggetti che esercitano attività d'impresa commerciale, agricola, artistica o professionale. invero, "la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma dell' art. 32 comma 1 n. 2 del d.p.r. 29 settembre 1973 n.600 , non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come è reso palese dal richiamo, operato dal citato art. 32, anche all'art. 38 del medesimo d.p.r., riguardante l'accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche (attinente ad ogni tipologia di reddito di cui esse siano titolari)" ( cass. n. 1519 del 2017 e cass. n. 2432 del 2017 ; in termini già cass. n. 19692 del 2011 , in motivazione; conf. anche cass. n. 22514 del 2013 , cass. n. 2432 del 2017 , cass. n. 29572 del 2018 e cass. n. 10187 del 2022 e, più recentemente cass. n. 9403 del 2024 ). 8. con il quarto motivo viene dedotto, ai sensi dell' art. 360 , primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l'"omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, contenuti nei documenti prodotti dal a.a. nei giudizi di merito, quali: il regolamento sul funzionamento delle aste on line e la doppia sentenza di annullamento degli accertamenti dei precedenti anni 2005/2006/2007. si tratta, dei fatti allegati dal contribuente per far emergere l'incertezza degli elementi indicati dall'agenzia in ordine ai requisiti della "professionalità abituale" e dell'autonoma organizzazione". 8.1. il motivo è inammissibile per diverse concorrenti ragioni. 8.2. innanzitutto, perché "l' art. 360 , comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall' art. 54 del d.l. n. 83 del 2012 , conv. in l. n. 134 del 2012 , introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie" ( cass. n. 17005 del 20/06/2024 , rv. 671706 - 01; cfr., ex multis, cass., sez. u., n. 8053/2014 ; cass. n. 27415/2018 ). 8.3. inoltre, "l' art. 360 , comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012 , conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l'"omesso esame" come riferito ad "un fatto decisivo per il giudizio" ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico - naturalistico, non assimilabile in alcun modo a "questioni" o "argomentazioni" che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate" ( cass. n. 2268 del 26/01/2022 , rv. 663758 - 01). 8.4. orbene, quello che il ricorrente sostiene essere stato omesso non è l'esame di un fatto storico-naturalistico ma la valutazione di due documenti, ovvero il regolamento sul funzionamento delle aste online e la doppia sentenza di annullamento degli accertamenti degli anni d'imposta 2005, 2006 e 2007, peraltro assolutamente privi di decisività posto che il predetto regolamento non è idoneo ad influire né sull'individuazione del contribuente quale soggetto percettore di redditi d'impresa né sulla fondatezza e l'entità della pretesa fiscale, mentre le sentenze di primo e secondo grado relative alle altre annualità di imposta, oltre a non essere state allegate o trascritte, non sono neppure passate in giudicato, essendo state superate dal decreto presidenziale n. 29671/2022 (non opposto) dichiarativo dell'estinzione del processo per adesione del contribuente alla definizione agevolata di cui al d.l. 23 ottobre 2018, n. 119 , convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136 . infatti, la dichiarazione di estinzione cui (ravvisatane la ritualità) procede la corte di cassazione non fa passare in cosa giudicata la sentenza impugnata, ma comportano, per volontà di legge, che la situazione dedotta in giudizio sia sostituita, per previsione di legge, dalla disciplina emergente dalla dichiarazione di avvalimento (cfr. cass. n. 24083 del 2018 ). 8.6. il motivo è comunque infondato con riferimento al regolamento delle vendite online, posto che la ctr ha espressamente affermato in sentenza che la "digressione sul funzionamento delle aste on line di e-bay non aveva valenza di motivo di impugnazione", in tal modo chiaramente escludendo la decisività a fini decisori di quel documento. 9. con il quinto motivo viene dedotto, ai sensi dell' art. 360 , primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell' art. 41 , paragrafo 2, lett. a), della carta dei diritti fondamentali dell'unione europea (cdfue), dell' art. 117 cost., dell'art. 12, co. 7, della l. n. 21 2/2000". sostiene il ricorrente che "sui recuperi a titolo i.v.a. (tributo armonizzato), la pronuncia viola tali norme in quanto la società ha coltivato processualmente la "prova di resistenza", evidenziando negli atti difensivi le ragioni che avrebbero orientato diversamente gli avvisi di accertamento, qualora l'agenzia avesse attivato il contraddittorio procedimentale". 9.1. il motivo è infondato. invero, così come correttamente affermato dalla ctr, il contribuente non aveva assolto all'onere di fornire la cd. prova di resistenza (cfr. cass, sez. u., n. 24823/2015 ), giacché le circostanze all'uopo enunciate dal contribuente (v. pag. 62 del ricorso) non potevano in alcun modo incidere sulla pretesa erariale fondata su presunzione di redditività delle movimentazioni bancarie non dichiarate e neppure giustificate. 10. con il sesto motivo viene dedotta, ai sensi dell' art. 360 , primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la "nullità della sentenza per "omessa pronuncia", in violazione dell' art. 112 c.p.c., sul tema dell'erronea applicazione dell'i.v.a. ai "prelievi" accertati, i quali, quando hanno natura di acquisti effettuati dal cessionario "senza ricevere la fattura" dal venditore e senza regolarizzarli, sono rimproverabili soltanto con la sanzione di cui all'art. 6, co. 8 del d.lgs. n. 471 7 1997". 11. con il settimo motivo viene dedotta la medesima questione posta nel precedente motivo ma sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli artt. 51 , comma 2, n. 2, del d.p.r. n. 633 del 1972 e 6, comma 8, del d.lgs. n. 471 del 1997 , in relazione all' art. 360 , primo comma, n. 3, cod. proc. civ., sostenendo che "sui "prelievi" bancari consistenti in acquisti "in nero", non regolarizzati dal cessionario, è inapplicabile l'i.v.a.", sicché "la condotta dell'imprenditore, che effettua acquisti non documentati con la fattura del venditore, senza regolarizzarli (con "autofattura", è rimproverata (soltanto) con l'irrogazione della sanzione di cui all' art. 6 , co. 8 del d.lgs. n. 471/1997 ..., senza alcuna richiesta di pagare il tributo". 12. il sesto motivo è infondato avendo la ctr affermato che l'amministrazione finanziaria si era avvalsa della presunzione di cui all' art. 51 , comma 2, del d.p.r. n. 633 del 1972 "al fine di quantificare le operazioni imponibili non dichiarate" e che, pertanto, erano irrilevanti le contestazioni mosse alle modalità di calcolo dei ricavi". 13. È invece fondato e va accolto il settimo motivo. 13.1. È principio giurisprudenziale, al quale va dato continuità, quello secondo cui "in tema di iva, a seguito dell'entrata in vigore dell' art. 6 , comma 8, del d.lgs. n. 471 del 1997 , che ha sostituito l' art. 41 , comma 6, del d.p.r. n. 633 del 1972 , il cessionario che non abbia ottemperato all'obbligo di autofatturazione, non è tenuto, anche per le infrazioni commesse nel vigore della previgente disciplina, al pagamento dell'imposta" ( cass. n. 35435 del 01/12/2022 , rv. 666577-01; in termini cass. n. 1659/2015 ; già sez. u, n. 26126 del 27/12/2010 con riguardo alla natura sanzionatoria della ripresa iva ai sensi dell' art. 41 , sesto comma, d.p.r. n. 633 del 1972 ). 13.2. al riguardo pare opportuno ricordare che questa corte ha affermato (cfr. sez. 5, n. 26183 del 2014, in motivazione) che soggetto passivo d'imposta, nel rapporto contrattuale intercorso tra cessionario/committente e cedente/prestatore (in quella fattispecie si trattava di società appaltatrice/committente e società subappaltatrice/fornitrice) è quest'ultimo, tenuto pertanto ad emettere fattura ove la prestazione eseguita sia assoggettata ad iva od anche sia considerata dalla legge non imponibile (non venendo in tal caso meno gli "obblighi formali" posti a carico del soggetto passivo: art. 21 co. 6, lett. b), d.p.r. n. 633/72 ), e -nel primo caso- tenuto anche a versare l'imposta all'erario, con obbligo di rivalsa. pertanto, rispetto al rapporto tributario tra soggetto passivo ed erario, il soggetto obbligato in rivalsa è terzo estraneo, venendo ad integrare l'obbligo di rivalsa un rapporto giuridico, di diritto civile devoluto pertanto alla cognizione del giudice ordinario, del tutto autonomo e distinto da quello tributario. in relazione a tale configurazione dei rapporti giuridici tra soggetto passivo, erario e soggetto obbligato in rivalsa, quest'ultimo non può essere chiamato (escluso ovviamente il caso di frode) a rispondere personalmente per eventuali inadempimenti della obbligazione tributaria che fa capo esclusivamente al soggetto passivo, ma può essere invece chiamato a rispondere sul piano sanzionatorio per colpevole inosservanza di obblighi di condotta che, pur attenendo alla regolarità formale del rapporto privatistico con il cedente/prestatore (qual è l'obbligo di emissione della fattura), vengono a riverberare "ab externo" sulla corretta attuazione del distinto rapporto tributario. in tale contesto si colloca il controllo richiesto al cessionario/committente sulla regolarità formale della operazione dallo stesso effettuata con il cedente/prestatore, in relazione alla fattura emessa da quest'ultimo, condotta richiesta al cessionario/committente la cui inosservanza integra illecito tributario ai sensi dell' art. 6 comma 8 d.lgs. n. 471/1997 . 13.3. ne consegue che, nel confermare le riprese a tassazione ai fini iva operate dall'amministrazione finanziaria sui prelevamenti bancari (e solo su questi) con gli atti impositivi impugnati, la ctr si è posta in contraddizione con i principi suesposti cui dovrà attenersi in sede di rinvio. 14. in estrema sintesi, vanno accolti il secondo e settimo motivo di ricorso, nei termini di cui sopra si è detto, mentre vanno rigettati tutti gli altri motivi. la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla corte di giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente che provvederà anche alla regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità. p.q.m. accoglie il secondo e settimo motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione, rigettati gli altri. cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla corte di giustizia tributaria di secondo grado della toscana, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. così deciso in roma in data 11 dicembre 2024 depositato in cancelleria il 21 marzo 2025.

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