La mancata iscrizione al vies non preclude lo svolgimento di operazioni intracomunitarie

Ordinanza svolgimento del processo l'agenzia notificava ad xxxxx un avviso di accertamento mirato a recuperare importi fiscali, contestando alla contribuente di aver computato in detrazione, alla stregua di acquisti intracomunitari ex art. 38 d.l. n. 331 del 1993, operazioni effettuate fra l'1 gennaio 2011 e il 20 ottobre 2011 con soggetti di nazionalità francese e tedesca, ancorché non rivestisse in detto periodo lo status di operatore intracomunitario, essendo stata inclusa nell'archivio telematico vies soltanto a decorrere dalla predetta data del 20 ottobre 2011. la ctp di ragusa accoglieva il ricorso della contribuente. la ctr della sicilia ha rigettato il successivo appello erariale. l'agenzia affida ora il proprio ricorso per cassazione a un solo motivo. la contribuente è rimasta intimata. motivi della decisione con l'unico motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 35, co. 15 - quater d.p.r. n. 533 del 1972, dei provvedimenti del direttore dell'agenzia delle entrate del 29 dicembre 2010, n. 188376 e del 12 giugno 2017, n. 110418, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la ctr erroneamente considerato intracomunitarie operazioni prive della preventiva autorizzazione rilasciata dall'agenzia delle entrate e dell'inclusione nell'archivio vies del soggetto richiedente. il motivo è infondato. non rileva la violazione meramente formale relativa alla mancata allegazione di copia fotostatica di un documento di identificazione del richiedente, né l'inclusione nel registro vies dell'operatore. questa corte ha affermato condivisibilmente che "in tema di cessioni intracomunitarie, la mancata iscrizione dell'impresa cessionaria nel registro "vies" non costituisce indizio della inesistenza dell'operazione poiché, in conformità alla giurisprudenza della corte di giustizia dell'unione europea (sentenza 9 febbraio 2017, causa c - 21/16), ai fini dell'applicazione del regime di non imponibilità dell'iva, rilevano esclusivamente le condizioni sostanziali, salvo i casi di frode" (cass. n. 10006 del 2018). la corte nomofilattica ha soggiunto efficacemente che "in tema di cessioni intracomunitarie, l'omessa o errata comunicazione da parte del soggetto passivo del codice identificativo del tributo costituisce una violazione meramente formale che non indice sul regime di esenzione previsto per gli scambi tra operatori comunitari, quando la ricorrenza, in capo al destinatario, della qualità di soggetto d'imposta nello stato d'appartenenza, secondo il principio di tassazione del luogo di destinazione dei beni, non sia contestata e non sussistano seri indizi che lascino supporre l'esistenza di una frode" (cass. n. 25651 del 2018). l'assetto dei principi è completato dal principio di recente affermazione, al lume del quale "in tema di cessioni intracomunitarie, l'omessa o errata comunicazione da parte del soggetto passivo del codice identificativo del tributo costituisce una violazione meramente formale, che non incide sul regime di esenzione previsto per gli scambi tra operatori comunitari, sempre che la ricorrenza, in capo al destinatario, della qualità di giurisprudenza soggetto d'imposta nello stato d'appartenenza, secondo il principio di tassazione del luogo di destinazione dei beni, non sia contestata e non sussistano seri indizi che lascino supporre l'esistenza di una frode" (cass. n. 12822 del 2021). il giudice di secondo grado si è posto sulla scia dell'orientamento nomofilattico, il che postula il rigetto del ricorso. p.q.m. rigetta il ricorso.

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Cassazione 21-03-2025 n. 7552

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