
L'art. 7 co. 1 lett. i) del dlgs. 504/92 prevede l'esenzione dall'imu per l'immobile posseduto ed utilizzato da un ente non commerciale che viene destinato con modalità non commerciali alla propria attivitù istitutzionale
Ordinanza sul ricorso iscritto al n. 17908/2021 r.g. proposto da: comune xxxx, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati [omissis], giusta procura speciale in calce al ricorso -ricorrente- contro alfa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in xxxxxxx [omissis], presso lo studio dell'avvocato [omissis] che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso -controricorrente- avverso sei sentenze della comm.trib.reg. marche nn. 1082, 1083, 1084, 1085, 1086 e 1087 del 21 dicembre 2020. udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.12.2024 dal consigliere [omissis]. fatti di causa 1. il comune di f. ricorre per la cassazione di sei sentenze -nn. 1082, 1083, 1084, 1085, 1086 e 1087 del 21 dicembre 2020, relative agli anni d'imposta dal 2006 al 2011- emesse dalla commissione tributaria regionale delle marche, che, in parziale accoglimento degli appelli dal medesimo proposti, ha dichiarato dovuta dall'istituto contribuente l'ici per le annualità 2006-2011 in relazione alle aree ritenute edificabili, ove è possibile realizzare, ai sensi dell'art. 23 del p.r.g. del comune, volumi destinati a edilizia residenziale per un massimo del 30% di tutta la volumetria realizzabile, restando esente la restante parte nella misura del 70% dell'area edificabile. l'oggetto degli avvisi di accertamento consiste in aree edificabili pari a mq 10.846,00 di proprietà del alfa ricadente nella previsione del p.r.g. in zona per l'edificazione di edifici di assistenza per anziani e residenziali, il cui valore in comune commercio è stato determinato dall'ente locale alla stregua delle delibere nn. 8 e 19 rispettivamente del 3.3.1998 e 30.3.2007, alla stregua dell'art. 59 dlgs. n. 446/1997. l'istituto impugnava gli atti impositivi, sul rilievo che esso non svolge attività commerciale e quindi gode dell'esenzione di cui all'art. 7, comma 1, lett. i), dlgs. n. 504/1992. i giudici di prossimità accoglievano i ricorsi dell'istituto, affermando che per il tempo necessario alla realizzazione degli edifici assistenziali anche le aree destinate a detta finalità rientrano nell'operatività della citata esenzione. sugli appelli del comune di f., i giudici dell'impugnazione, in parziale accoglimento dei gravami, hanno circoscritto l'esenzione rivendicata al settanta per cento delle aree di proprietà dell'istituto. ricorre per la cassazione delle sentenze indicate in epigrafe l'amministrazione comunale di f. sulla base di due motivi. replica con controricorso e memorie difensive l'ente contribuente. motivi di diritto 1. la prima censura, introdotta ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3) e n. 4) c.p.c., prospetta "violazione degli artt. 61 e 36 dlgs. n. 546/92, nonché motivazione contraddittoria in relazione al requisito oggettivo di cui all'art. 7, lett. i, dlgs. 30 dicembre 1992, n. 504, conseguente nullità della sentenza impugnata"; nella illustrazione della doglianza, l'ente locale deduce motivazione assente ovvero contraddittorietà ed inconciliabilità tra le argomentazioni contenute nelle decisioni impugnate, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., per avere il decidente riconosciuto che l'attività svolta dall'istituto non avesse carattere commerciale, avendo il p.r.g. comunale attribuito una destinazione urbanistica esclusiva di tipo assistenziale all'area edificabile di proprietà dell'ente; ravvisando la contraddittorietà motivazionale nella parte in cui i giudici di appello, pur avendo precisato che il requisito oggettivo è costituito dall'accertamento in concreto che l'attività sia svolta in modalità non commerciale, non hanno escluso a priori lo svolgimento di un'attività esente ancora non posta in essere, ma solo ipotizzata. 2. la seconda censura, proposta ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., deduce la violazione dell'art. 7, primo comma, lett. i), dlgs. n. 504/92, con particolare riferimento al requisito oggettivo, in cui ritiene essere incorso il collegio d'appello laddove ha riconosciuto l'esenzione per le aree destinate alla realizzazione di edifici ove svolgere attività non commerciale ai sensi dell'art. 23 del p.r.g., dovendosi tener conto del tempo occorrente alla realizzazione dei volumi coerenti con la destinazione attribuita dal piano regolatore, senza considerare che il requisito oggettivo va valutato in concreto, accertando che sia svolta attività con modalità non commerciale. 3. la prima censura è destituita di fondamento. le sezioni unite di questa corte hanno chiarito che la riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall'art. 54 del dl 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (cass. ss.uu. n. 8053/2014). rimane quindi estranea al vizio di legittimità "riformato", tanto la censura di "contraddittorietà" della motivazione (peraltro attinente ad una predicata incompatibilità logica intrinseca al testo motivazionale, in quanto determinata dalla reciproca elisione di affermazioni che si reputano contrastanti: cfr. sez. u, sentenza n. 25984 del 22.12.2010; cass. ss.uu. del 7.4.2014, n. 8053; cass. 12.12.2018, n. 22598; cass. 4367 del 22.2.2018), quanto la censura che, anteriormente alla modifica della norma processuale, veicolava il vizio di "insufficienza" dello svolgimento argomentativo, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del «minimo costituzionale» richiesto dall'art. 111, comma 6, cost., nei termini precisati. le sentenze d'appello, dopo aver richiamato la giurisprudenza sulle modalità che in concreto deve svolgere l'ente per restare esente dall'imposta, hanno riconosciuto l'esenzione al proprietario - è questo lo snodo argomentativo della decisione - anche per il tempo occorrente alla realizzazione dei volumi coerenti con la esclusiva destinazione attribuita dal piano regolatore. le sentenze d'appello non risultano, pertanto, inficiate da un «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili», tanto da presentarsi come «perplessa ed obiettivamente incomprensibile», come assume parte ricorrente; esse sono chiare nell'affermare il diritto all'esenzione per le ragioni esposte, con la conseguenza che non si ravvisa alcuna insanabile contraddittorietà della motivazione. 4. il secondo strumento di ricorso è fondato. 4.1. e' opportuno ricordare che la norma invocata dal ricorrente ha subito nel tempo successive modifiche che hanno dato luogo a disposizioni legislative parzialmente diverse. in particolare, l'art. 7 comma 1 lett. i) del dlgs. 504/92 nel testo vigente dall'1.1.2003 al 3.10.2005, disponeva l'esenzione ici per "gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del presidente della repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all'articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222.». successivamente, il citato art. 7 è stato integrato e modificato, dapprima, dall'art. 7 comma 2 bis del dl n. 203 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 248 del 2.12.2005, che aveva esteso l'esenzione disposta dall'art. 7, comma 1, lett. i), del dlgs. n. 504 del 1992 alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse, e, poi, dall'art. 39 del dl n. 223 del 2006, convertito con modificazioni nella l. 248 del 2006 (in vigore dal 4.7.2006 sino alla sua sostituzione con l'imu, a partire dal gennaio 2012) che, modificando il comma 2 bis del citato art 7, ha stabilito che l'esenzione disposta dal dlgs. 504 del 1992 art. 7 comma 1 lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera «che non abbiano esclusivamente natura commerciale» (cass. n.17256 del 2019). occorre precisare, inoltre, che le condizioni dell'esenzione sono cumulative nel senso che è richiesta la coesistenza, sia del requisito soggettivo riguardante la natura non commerciale dell'ente, sia del requisito oggettivo in forza del quale l'attività svolta nell'immobile deve rientrare tra quelle previste dall'art. 7 citato; deve trattarsi, in particolare, di immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento delle attività contemplate dalla norma (cfr. cass. n. 13966 del 2016; cass. 4066/2019; cass. dell'11.3.2020, n. 6795). l'accertamento della natura delle attività in discorso deve essere operato in concreto, verificando che l'attività cui l'immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un'attività commerciale (v. cass., sez. 5, 8.7.2015, n. 14226, rv. 635798-01, la quale ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva riconosciuto l'esenzione ad una scuola paritaria di ispirazione religiosa, i cui utenti pagavano un corrispettivo, attribuendo erroneamente rilievo alla circostanza che l'attività fosse in perdita; cass. n. 25508/2015; cass. n. 24308/2019). 4.2. nella specie, la ricorrenza del requisito soggettivo non è stata oggetto di contestazione nel corso del giudizio di merito, né costituisce motivo di censura in questa sede. 4.3. per quanto attiene invece al requisito oggettivo, sul quale si incentra il ricorso proposto dal comune ricorrente, la natura "non esclusivamente commerciale" richiesta dalla disposizione nel testo applicabile alla fattispecie in esame deve essere valutata, nel caso in esame, con riferimento non ad un attuale edificio in cui si svolge attività assistenziale, bensì rispetto ad un'area edificabile destinata, in base all'accertamento contenuto in sentenza, alla realizzazione - secondo le previsioni del prg - di strutture volte a scopi socio-assistenziali, nonché, per una quota massima del 30% della volumetria realizzabile, di strutture commerciali. 4.4. quanto a detto profilo, questa corte ha ribadito che la sussistenza del requisito oggettivo -che in base ai principi generali è onere del contribuente dimostrare - non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino a priori il tipo di attività cui l'immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un'attività commerciale (cass. n. 20776/2005, n. 19072/2019; n. 7980/2022). l'esenzione in oggetto «si applica agli immobili degli enti non commerciali soltanto se le attività ivi elencate vengono svolte con "modalità non commerciali"». secondo la giurisprudenza di questa corte, le condizioni necessarie per beneficiare dell'esenzione da ici, in base al regime ratione temporis vigente, sono le seguenti: 1) gli immobili devono essere utilizzati da enti non commerciali (medesimo requisito soggettivo); 2) devono essere destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività tassativamente indicate (quelle assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive e di religione o culto); 3) le attività tassativamente indicate devono essere svolte con modalità non commerciali (cass., sez. 5, 15 dicembre 2020, n. 28578 - a quest'ultima pronunzia, comunque, si rinvia per la dettagliata enunciazione dei principi sul quadro normativo). 5. occupandosi della questione dell'incidenza sull'esenzione prevista dall'art. 7, primo comma, lett. i), del dlgs. 30 dicembre 1992, n. 504, della temporanea impossibilità di destinazione ai compiti istituzionali (per varie ragioni) degli immobili posseduti da enti non commerciali, questa corte già in passato aveva affermato perentoriamente che l'art. 7, primo comma, lett. i), del predetto dlgs. subordina l'esenzione ici all'esercizio, effettivo e concreto, di una delle attività indicate dalla norma (cfr. cass. 20 maggio 2005, n. 10646). 5.1. successivamente la corte ha chiarito il significato da attribuire alle due condizioni previste, sul versante del requisito oggettivo, per il riconoscimento dell'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili, le quali sono costituite: a) dall'utilizzo dell'immobile da parte di uno dei soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lett. c) del dpr n. 917/1986; b) dalla destinazione dell'immobile ad una delle attività ivi indicate, precisando che: - «l'espressione "utilizzo" non fa riferimento ad un concetto dinamico di "concretezza o di effettività" relativamente allo "svolgimento" delle attività considerate dalla norma, ma indica solo la natura del rapporto tra l'immobile ed il soggetto che ne dispone (cass., sez. 5, 16 aprile 2008, n. 9948, in motivazione)». 5.2. quest'ultima precisazione, invero, non si pone in contrasto con il pregresso arresto (che si riferisce in generale all'esercizio dell'attività), ma consente di chiarire che l'effettività e la concretezza devono investire non tanto l'utilizzo, inteso quale svolgimento attuale delle attività previste dalla norma (che può anche venir meno per ragioni transitorie e contingenti, indipendenti dalla volontà del contribuente, come nel caso della citata cass. n. 9948/2008 cit., in cui si discorreva di un terreno non effettivamente utilizzato perché inagibile), bensì la "destinazione" impressa all'immobile dal soggetto che lo "utilizza". quel che rileva, dunque, è la circostanza che l'immobile sia effettivamente ed attualmente "destinato" allo svolgimento di una delle attività esenti, secondo le concrete possibilità contingenti, le quali possono anche richiedere dei tempi strumentali per costruire o ristrutturare gli edifici in cui svolgere l'attività, nonché per compiere le necessarie pratiche burocratiche. 5.3. indubbiamente l'utilizzazione può concretizzarsi anche nella esecuzione delle attività necessarie a rendere attuale l'esercizio dell'attività cui l'immobile è destinato; per cui, se è vero che la mera statica adeguatezza strutturale del bene allo svolgimento di una determinata attività non è rilevante, ove ad essa si affianchi un comportamento inerte del proprietario, essendo piuttosto necessario un comportamento attivo e dinamico volto a realizzare concretamente quella destinazione solo potenziale, ciò non di meno l'inutilizzabilità del bene per uno stato meramente transitorio e reversibile non preclude il riconoscimento dell'esenzione (così cass. 12 aprile 2019, n. 10289). 5.4. È stato, altresì, chiarito che «... l'esenzione non spetta quando l'immobile perda il carattere di strumentalità all'esercizio delle attività considerate ...» (cfr. cass. 16 aprile 2008, n. 9948) e che «il mancato utilizzo effettivo dell'immobile, per essere irrilevante ai fini del riconoscimento dell'esenzione, deve avere una "causa" che ne escluda il possibile significato che sia cessata la strumentalità del bene all'esercizio delle attività protette», così come, «pur essendo vero che la destinazione dell'immobile, per prevalere ai fini del riconoscimento dell'esenzione, non può essere una destinazione che resti concretamente inattuata, è altrettanto vero che non ogni mancato utilizzo sia capace di escludere il diritto al trattamento agevolato, ma solo quello che sia indizio di un mutamento della destinazione o della cessazione della strumentalità del bene» (cfr. cass., sez. 5, 12 ottobre 2016, n. 20516, ma, nello stesso senso, anche cass. 18 maggio 2020, n. 9100). a questi principi ha aderito espressamente la pronuncia di questa corte 11 febbraio 2021, n. 3445 la quale ha citato i precedenti sopra indicati, allineandosi all'orientamento ivi prospettato (cass., sez. 5, 16 aprile 2008, n. 9948; cass., sez. 5, 12 ottobre 2016, n. 20516; cass., sez. 5, 12 aprile 2019, n. 10289; cass., sez. 5, 11 febbraio 2021, n. 3445; cass., sez. 5, 15 settembre 2022, n. 27242; cass. n. 17168/2024). 6. poiché la previsione normativa ha natura speciale e derogatoria della norma generale, ed è perciò di stretta interpretazione, non può essere applicata al di fuori delle ipotesi tipiche e tassative indicate, stante il divieto non solo di applicazione analogica, ma anche di interpretazione estensiva. 6.1. si è affermato in due pronunce gemelle della sezione tributaria della corte che la normativa in esame va interpretata nel senso che l'esenzione spetta per gli immobili destinati alle attività agevolate anche nell'arco temporale precedente all'ultimazione della struttura edificanda. in caso contrario le aree fabbricabili sarebbero escluse dell'esenzione, sebbene si tratti di immobili posseduti e utilizzati dai soggetti contemplati nelle disposizioni agevolative; nelle fattispecie in esame, la corte ha sottolineato la rilevanza, al riguardo, della concessione edilizia in quel caso rilasciata per la costruzione di un polo ospedaliero universitario (cass. nn. 9788 e 9791 del 2017). 6.2. nel singolare caso di specie era, tuttavia, incontroverso che le aree erano state attribuite all'ateneo dal comune e fossero destinate a fini didattici, secondo la concreta possibilità costituita dalla necessità di costruire gli edifici in cui svolgere l'attività stessa; la concessione edilizia era stata rilasciata a questi fini nell'arco di tempo ragionevole per l'utilizzo materiale, in guisa che la corte ha riconosciuto che la destinazione effettiva fosse quella agevolata dal legislatore. così si è affermato che per destinazione dell'immobile deve intendersi l'uso concretamente possibile in relazione alla natura del bene: l'area edificabile che sia impegnata ed effettivamente assoggettata ai passaggi burocratici e materiali indispensabili per l'edificazione dei locali universitari o assistenziali, è area che rientra nel novero degli immobili agevolati. 6.3. si è nelle citate pronunce sostenuto che qualora l'area non venga impegnata con atti amministrativi inequivoci e tempestivi al fine protetto dal legislatore fiscale o addirittura qualora sia ambiguamente trattenuta per una rivendita speculativa o altro fine non spetta il trattamento esentativo; l'utilizzo in senso amministrativo e virtuale documentato dalla concessione edilizia, si è in quel caso ritenuto, attesta tutto quanto la parte può e deve dimostrare, atteso che anche l'espletamento indispensabile delle pratiche burocratiche necessarie per la edificazione dei locali universitari costituisce utilizzo dell'immobile. 7. il principio così affermato non è, tuttavia, applicabile nella fattispecie sub iudice, in cui, per un verso, non risulta che la parte contribuente abbia ottenuto il permesso a costruire volto alla realizzazione di immobile destinato allo svolgimento di attività esente (si legge nelle sentenze impugnate che v'era solo "il progetto del piano di lottizzazione" e il comune rileva in ricorso che "l'iter amministrativo per la concessione del necessario titolo abilitativo a costruire è ancora in itinere") e, per altro verso, pacifico è che il p.r.g. prevedeva la realizzazione nell'area oltre che di strutture destinate a scopi socio-assistenziali, anche di volumi destinati a edilizia residenziale, per un massimo del 30% della volumetria realizzabile. le stesse pronunce del 2017 dinanzi citate precisano d'altronde, lo si è già sottolineato, che "diverso potrebbe essere il trattamento qualora l'area non venga impegnata con atti amministrativi inequivoci e tempestivi al fine protetto dal legislatore fiscale". la giurisprudenza di questa corte, del resto, ha sempre dato rilievo determinante alla utilizzazione effettiva o comunque alla destinazione concreta dell'area ovvero del fabbricato alle attività esenti. 7.1. in definitiva, la norma riconosce l'esenzione agli immobili concretamente "utilizzati" nel senso sopra indicato. come già affermato da questa corte (cass. n. 6712/2015; cass. n. 4502/2012; n. 19732/2010; n. 10092/2005) non rileva l'attività indicata nello statuto dell'ente, anche se rientrante tra quelle agevolate, ma l'attività effettivamente svolta negli immobili; se ne desume che l'esenzione può essere riconosciuta solo se correlata all'esercizio effettivo e concreto, nell'immobile detto, di una delle attività indicate nella norma ovvero alla destinazione concretamente impressa al fabbricato da ricostruire o da ristrutturare. la norma è difatti di stretta interpretazione e non può essere applicata al di fuori delle ipotesi tipiche e tassative in essa indicate. le considerazioni proposte in memoria non conducono a conclusioni diverse: - per un verso, è inapplicabile nel caso in esame, in cui si discorre della annualità 2006-2011, l'invocato art. 91-bis, secondo comma, del dl n. 1/2012, posto che, soltanto a partire dal 1 gennaio 2013, qualora l'unità immobiliare abbia un'utilizzazione mista, l'esenzione di cui all'art. 7, comma 1, lett. i), del dlgs. n. 504 del 1992 si applica solo alla frazione di unità nella quale si svolge l'attività di natura non commerciale, se identificabile attraverso l'individuazione degli immobili o porzioni di immobili adibiti esclusivamente a tale attività oppure, qualora non sia possibile procedere ai sensi del comma 2, in proporzione all'utilizzazione non commerciale dell'immobile quale risulta da apposita dichiarazione (v., tra le più recenti, cass. n. 4923/2023); - per altro verso, non c'è spazio per applicare la norma d'interpretazione autentica contenuta nell'art. 1, comma 71, l. n. 213/2023, pure invocata in memoria, sia perché non si discute di concessione in comodato a un soggetto di cui all'art. 73, comma 1, lett. c), del tuir, funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente (addirittura espressamente esclusa a pag. 5 del controricorso), sia perché neanche si discute di immobili strumentali alle destinazioni di cui all'art. 7, comma 1, lett. 1), del dlgs. n. 504/92, in relazione ai quali manchi soltanto "l'esercizio attuale delle attività", bensì di aree che lo stesso istituto in memoria definisce "astrattamente" destinate alle attività in questione (v., al riguardo, da ultimo, cass. n. 32357/2024, punto 10.3, secondo cui "l'esenzione in oggetto opera allorquando la destinazione all'attività tutelata sia effettiva e concreta"). 8. può pertanto affermarsi il principio di diritto che "ai fini dell'esenzione di cui all'art. 7, comma 1, lett. i), del dlgs. 30 dicembre 1992, n. 504, non è sufficiente la disponibilità di un'area edificabile che sia destinata, in parte, in base al piano urbanistico, alla realizzazione di strutture volte allo svolgimento di attività assistenziale, applicandosi la norma agevolativa solo ai fabbricati, da costruirsi o ristrutturarsi, cui sia stata concretamente impressa la destinazione di cui alla disposizione citata, anche se transitoriamente inutilizzati, essendo necessario un comportamento attivo e dinamico volto a realizzare concretamente e tempestivamente quella destinazione solo potenziale". 9. le impugnate sentenze non si pongono in linea con questo principio, posto che il giudice d'appello si è contentato dell'inclusione dell'area, una porzione della quale, come la stessa ctr ha riconosciuto denegando in parte qua l'esenzione, ha destinazione commerciale e speculativa, nel progetto del piano di lottizzazione, pur non essendo per l'intero arco delle annualità delle quali si discute neppure in fase di realizzazione la struttura assistenziale, e neanche ancora rilasciato il permesso di costruire. ne consegue la cassazione delle sentenze, con rinvio alla corte di giustizia tributaria di secondo grado delle marche in diversa composizione, che si atterrà al principio indicato, esaminerà le ulteriori questioni, che il giudice d'appello ha ritenuto assorbite, e regolerà le spese, anche del giudizio di legittimità. p.q.m. accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo; cassa le sentenze impugnate e rinvia, anche per le spese, alla corte di giustizia tributaria di secondo grado delle marche in diversa composizione.

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