La residenza effettiva in un paese a fiscalità privilegiata non può essere dimostrata, da parte del contribuente, presentando solo elementi formali, come l’iscrizione all'aire, l’abitazione disponibile  e autovetture di proprietà con targa del luogo, documenti di identità e patente rilasciati da tale stato, ma va dimostrata con elementi effettivi non formali.

Ordinanza sul ricorso iscritto al n. 19060/2023 r.g. proposto da: v.a., elettivamente domiciliato in [omissis], presso lo studio dell'avvocato [omissis] che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro agenzia delle entrate, domiciliata ex lege in roma [omissis], presso l'avvocatura generale dello stato [omissis] che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della campania n. 1257/2023 depositata il 17.2.2023. udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14.1.2025 dal consigliere [omissis]. fatti di causa 1. in data 2.9.2020 l'ufficio controlli della direzione provinciale 1 di napoli - sulla base di un pvc della guardia di finanza - nucleo di polizia economico - finanziaria di padova e di una segnalazione dell'agenzia delle dogane di milano, dai cui controlli e valutazioni effettuate in sede di verifica, era emerso che a.v., nell'anno 2015, aveva posto in essere diverse attività fraudolente traendone proventi illeciti determinati complessivamente in € 985.680,00, di cui € 309.833,46 dall'emissione di fatture false ed € 675.846,80 dal riciclaggio internazionale di valuta - notificava al contribuente l'avviso di accertamento n. [omissis], per l'anno d'imposta 2015, con il quale determinava ai fini ii.dd., ex art. 38 del dpr n. 600/1973, i compensi non dichiarati in € 985.680,00 ed accertava ai sensi dell'art. 41 bis dpr n. 600/1973 il reddito imponibile complessivo ai fini irpef in € 961.815,00 assoggettando i proventi illeciti a tassazione ai sensi dell'art. 14, comma 4, della legge 24 dicembre 1993 così come modificata dalla legge 4 agosto 2006 n. 248 di conversione del dl 4 luglio 2006 n. 233. 2. il contribuente ricorreva avverso il predetto atto impositivo, ma le sue ragioni non trovavano accoglimento nei gradi di merito. 3. avverso la decisione assunta dal giudice dell'appello proponeva ricorso per cassazione il contribuente, affidandosi a due motivi di impugnazione e l'agenzia delle entrate resisteva con controricorso. 4. in relazione a questo giudizio era formulata dal consigliere delegato proposta di definizione accelerata della controversia ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. 5. il ricorrente presentava allora istanza di trattazione del ricorso, ritualmente opposta dal ricorrente. ragioni della decisione 1. con il primo motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del dpr 22 dicembre 1986, n. 917, art. 2 nonché dell'art. 43 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché erroneamente il giudice regionale ha ritenuto che la documentazione e gli elementi prodotti dal contribuente non dimostrassero la sua residenza estera e quindi sotto il profilo dell'errata applicazione del concetto di ‘prova contraria' sufficiente a vincere la presunzione di potestà impositiva. 2. con il secondo motivo, il ricorrente denunzia la violazione dell'art. 360 n. 4 c.p.c. in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. per vizio di motivazione, censurando l'omessa valutazione delle prove offerte da parte appellante, oggi ricorrente, nonché alla valutazione delle stesse, con particolare riferimento ai rilievi tecnici formulati in apposita consulenza, alle risultanze indiziarie richiamate in sentenza e alle plurime documentazioni prodotte in giudizio, riferibili all'effettività della residenza del contribuente presso il principato di monaco fin dal 1991 ed al conseguente difetto di potestà impositiva. 3. i motivi, da trattarsi congiuntamente stante la stretta connessione, sono inammissibili. 3.1. l'art. 2 del dpr 22 dicembre 1986, n. 917, testualmente prevede: «1. soggetti passivi dell'imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello stato. 2. ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. 2-bis. si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella gazzetta ufficiale». dunque, qualora il soggetto, che si sia cancellato dall'anagrafe nazionale e si sia iscritto ad una anagrafe estera (con conseguente inserimento del suo nominativo anche nell'a.i.r.e.-anagrafe italiani residenti all'estero), abbia fissato la sua residenza in un paese considerato a "fiscalità privilegiata" (quale il principato di monaco), secondo quanto determinato dal ministero dell'economia, vi è la presunzione legale di residenza in italia e quindi di capacità impositiva, salvo prova contraria, che deve essere ovviamente fornita dal soggetto che risiede formalmente all'estero. 3.2. nella specie, il giudice di appello ha ritenuto che il contribuente non avesse dimostrato la propria residenza effettiva nel principato di monaco, poiché aveva dedotto a tal fine solo elementi formali, che, peraltro, erano smentiti da una serie di ulteriori elementi indiziari dai quali, invece, poteva ricavarsi la residenza in italia. 3.3. sul punto parte ricorrente, pur formalmente censurando la sentenza per violazione di legge, in realtà, ha sollecitato un nuovo accertamento di fatto da parte di questa corte, come confermato dalle deduzioni svolte nella memoria di opposizione ex art. 380-bis c.p.c., laddove il ricorrente afferma, tra l'altro, di avere inteso censurare «la motivazione in quanto tale, la quale nella sua interezza e struttura denota il mancato rispetto del concetto normativo della ‘prova contraria' (o comunque non lo esplicita in maniera tale da giustificare poi quella valutazione delle prove) che nella fattispecie sia idonea a vincere la presunzione legale prevista dalla norma». 3.4. dall'esame della sentenza impugnata emerge, al contrario, che il giudice di appello ha esaminato gli elementi di prova addotti dall'ufficio e quelli indicati dal contribuente e, con ragionamento logico ed immune da vizi, ha ritenuto che le prove fornite dall'amministrazione finanziaria fossero idonee a dimostrare che l'effettiva residenza del v. fosse in italia. nella motivazione della sentenza impugnata si dà ampio risalto alle risultanze delle indagini svolte nei confronti del contribuente, rilevando che le prove contrarie addotte da quest'ultimo, invece, non sono idonee a confutare l'ampio materiale probatorio fornito dall'ufficio. evidenzia la ctr che gli elementi di prova contraria addotti dal contribuente sono costituiti da dati meramente formali (iscrizione all'aire; mancanza di legami familiari con l'italia; abitazione disponibile in monaco; assicurazione sull'abitazione stipulata a monaco; autovetture di proprietà con targa monegasca; consumi energia elettrica comprovanti l'uso dell'abitazione a monaco; documento di identità monegasco, patente monegasca e passaporto comprovante la residenza a monaco; dichiarazioni fiscali depositate a monaco per gli anni 2014/2015/2016/2017; pagamento a monaco dei contributi pensionistici), assolutamente insufficienti a vincere la presunzione legale. 3.5. la ctr, senza alcuna inversione dell'onere della prova, che gravava sul contribuente, ha esaminato gli elementi addotti da quest'ultimo e li ha ritenuti insufficienti a dimostrare l'effettiva residenza nel principato di monaco, sia perché di natura meramente formale, sia perché smentiti da una serie di ulteriori dati fattuali, emergenti dalle indagini esperite in sede penale (intercettazioni, pedinamenti, verifiche sul territorio, utilizzo del telepass, dichiarazione di terzi, dai quali risultava la presenza costante del contribuente in italia, la casa di residenza abituale con la sua compagna ed il garage, la residenza in italia di tutti i suoi familiari). 3.6. per quanto attiene al tema, sollevato da parte ricorrente, della archiviazione, in sede penale, delle notizie di reato oggetto delle indagini preliminari nelle quali erano stati raccolti gli elementi indiziari posti a fondamento dell'accertamento tributario, si osserva che, anche a seguito delle recenti modifiche normative che hanno comportato l'introduzione del nuovo art. 21-bis del dlgs. n. 74 del 2000, è solamente la sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ad avere efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 3.7. tanto precisato, si deve ribadire che la critica al ragionamento presuntivo, che nel caso di specie si sostanzia nell'enunciazione di una diversa modalità della sua ricostruzione, e si risolve nel suggerimento di un diverso apprezzamento della questio facti, si pone al di là della fattispecie di cui all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., atteso che il giudice di merito, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (cass., sez., 1, 2.8.2016, n. 16056), e che la valutazione del compendio probatorio è preclusa a questa corte, essendo riservata al giudice di merito al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l'attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. cass., 13.1.2020, n. 331; cass., 4.8.2017, n. 19547; cass., 4.11.2013, n. 24679; cass., 16.12.2011, n. 27197; cass., 7.2.2004 n. 2357). 4. in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile. 5. le spese di lite seguono l'ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo. 5.1. il contribuente deve essere anche condannato al pagamento di somme - liquidate in dispositivo - in favore della controricorrente, ai sensi del combinato disposto dagli artt. 380-bis, terzo comma, e 96, terzo comma, c.p.c., nonché della cassa delle ammende, ai sensi del combinato disposto degli artt. 380-bis, terzo comma, e 96, quarto comma, c.p.c. 5.2. ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del dpr n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. p.q.m. la corte dichiara il ricorso inammissibile. condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell'agenzia delle entrate, che si liquidano in euro 10.000,00, oltre spese prenotate a debito, nonché al pagamento dell'ulteriore somma pari euro 5.000,00, ai sensi dell'art. 96, terzo comma, c.p.c. condanna, inoltre, il ricorrente al versamento di euro 500,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell'art. 96, quarto comma, c.p.c. ai sensi del dpr 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

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